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lunedì 9 settembre 2013

Perchè il Papa parla solo ora?

Non capisco perchè il Papa non ha digiunato quando l'Iran è entrata nella guerra siriana con uomini e mezzi al fianco di Assad. Non capisco perchè il Papa non abbia scagliato i suoi anatemi contro il commercio di armi quando la Russia di Putin ha rifornito di missili il regime di Assad. Perchè solo adesso?

mercoledì 12 giugno 2013

La sinistra etica e antropologica

C'è una sinistra che ha rinunciato ai grandi orizzonti, ma rifiuta con orrore anche la strada della realpolitik e del pragmatismo. Così non gli resta che rifugiarsi in una dimensione etica e antropologica, dove da una parte mantiene il moralismo fanatico dei rivoluzionari, lanciando anatemi contro ogni compromesso bollato come tradimento, senza però avere idee rivoluzionarie e sostituendole con il rancore e la vendetta. Questo nuovo moralismo dall'altra parte si incrocia con il cinismo, a cui però non corrispondono soluzioni pragmatiche, ma solo l'arroccarsi nella propria presunta superiorità antropologica.  E' la sinistra etica e antropologica, che fa di ogni questione una grande battaglia morale di civiltà, che scaglia la sua invettiva indignata contro i codardi che non la seguono nelle sue guerre, ma a ben vedere gode nell'essere una minoranza elitaria.
Ma la sinistra etica e antropologica è anche una religione, con i suoi sacerdoti della società civile, dove la Costituzione è il vangelo, i suoi articoli dei dogmi eterni, i pm i cavalieri del Verbo e Berlusconi è il diavolo. Una Costituzione spesso sfigurata e strumentalizzata, come quando pretendono che il presidente della Repubblica sia una parte in causa e non quella figura di garanzia dell'unità nazionale e di terzietà che la Costituzione prevede.

martedì 28 maggio 2013

Amministrative 26-27 maggio - Perchè Grillo è crollato

Tutti i media mettono giustamente l'accento sulla forte astensione alle ultime amministrative. La disaffezione dalla politica però per una volta c'entra poco o quanto meno non come si potrebbe credere. Pd e Pdl infatti confermano sostanzialmente i voti di febbraio. Chi viene colpito dall'astensione è solo Grillo, che smarrisce due terzi dei voti e arriva a perdere fino a tre quarti dei voti in Veneto. L'astensione è concentrata tutta qui, tra chi aveva votato 5 stelle tre mesi fa. Cos'è successo in questi tre mesi? Prima di tutto Grillo ha rifiutato ogni soluzione di governo, rendendosi inutile agli occhi della maggioranza dei suoi elettori, che evidentemente non lo aveva votato per mera protesta e antipolitica, ma per portare qualche cambiamento. La favoletta propagandistica di Grillo pronto ad appoggiare un governo Bersani in cambio di Rodotà presidente non è stata creduta dagli elettori. C'è quindi un dato positivo, la protesta sterile non piace agli italiani. Altro aspetto è la tenuta del Pd. Non è riuscita l'opa sul centrosinistra di Grillo, che a questo fine aveva imbracciato la bandiera dell'antiberlusconismo dopo la nascita del governo Pd-PdL. Grillo forse si è fidato troppo di certi commentatori che dipingevano una base elettorale del centrosinistra in rivolta, tradita dall'inciucio e pronta ad abbandonare il Pd. La narrativa un po' isterica dell'inciucio invece non ha attecchito nella base elettorale, che ha capito che non c'era alternativa al governo Letta e lo ha collocato nel giusto contesto. Quella che veniva raccontata come la sinistra tout-court era invece la solita frangia radical-chic dell'antiberlusconismo militante e Grillo è rimasto con un pugno di mosche in mano. Ma la decisa virata verso l'estrema sinistra del leader 5 stelle (Dario Fo, i No Tav, Rodotà, l'antiberlusconismo militante) lo ha privato anche del voto di destra e di quello dei piccoli imprenditori, non a caso in Veneto il tracollo è stato ancora maggiore. Probabilmente ora Grillo cercherà di recuperare da questa parte e il suo ultimo post sull'Italia ostaggio di dipendenti pubblici e pensionati e in favore dei lavoratori autonomi torna già in questa direzione.
Dall'altra parte il Pd non può cantare vittoria, il buon risultato, o più modestamente la tenuta, è data anche dalla credibilità dei candidati locali e non solo dalla popolarità del governo Letta, comunque buona (Letta, Napolitano e Renzi sono i tre politici di centrosinistra che godono di maggiore popolarità).

I voti in termini assoluti nelle principali città e il raffronto con febbraio:

Roma

Centrosinistra - febbraio 539000 maggio 512000

Centrodestra - febbraio 374000 maggio 364000

5 stelle - febbraio 436000 maggio 149000


Brescia

centrosinistra - febbraio 37000 maggio 34000

centrodestra - febbraio 34000 maggio 34000

5 stelle - febbraio 18000 maggio 6000

Ivrea

Centrosinistra - febbraio 5000 maggio 6000

Centrodestra - febbraio 3000 maggio 2000

5 stelle - febbraio 3000 maggio 1000


Siena

Centrosinistra - febbraio 13000 maggio 11000

Centrodestra - febbraio 6000 maggio 6000

5 stelle - febbraio 7000 maggio 3000


Vicenza

Centrosinistra - febbraio 18000 maggio 28000

Centrodestra - febbraio 17000 maggio 14000

5 stelle - febbraio 14000 maggio 3000


Treviso

centrosinistra - febbraio 14000 maggio 17000

centrodestra febbraio 12000 maggio 14000

5 stelle - febbraio 11000 maggio 3000


Imola

centrosinistra - febbraio 19000 maggio 17000

centrodestra - febbraio 7000 maggio 3000

5 stelle - febbraio 11000 maggio 6000


Imperia

centrosinistra - febbraio 6000 maggio 10000

centrodestra - febbraio 5000 maggio 6000

5 stelle - febbraio 8000 maggio 2000


Pisa

Centrosinistra - febbraio 22000 maggio 20000

Centrodestra - febbraio 10000 maggio 4000

5 stelle - febbraio 11000 maggio 4000


Barletta

Centrosinistra - febbraio 12000 maggio 24000

Centrodestra - febbraio 16000 maggio 15000

5 stelle - febbraio 14000 maggio 4000


Avellino

Centrosinistra - febbraio 11000 maggio 9000

Centrodestra - febbraio 7000 maggio 6000

5 stelle - febbraio 6000 maggio 2000

mercoledì 15 maggio 2013

Ricomposizioni e diversificazioni a sinistra

Si stanno delineando due sinistre, ovviamente ci saranno anche posizioni intermedie o viceversa più estreme o altre più controverse o ibride, ma fondamentalmente si stanno delineando due campi ben distinti. A grandi linee questi potrebbero essere i tratti distintivi:

Da una parte c'è una sinistra che unisce le componenti più tradizionali e identitarie della sinistra con la "novità" dell'antiberlusconismo, cioè quella nuova identità secondo la quale basta essere antiberlusconiani per essere di sinistra e nei casi più estremi riduce l'essere di sinistra ad essere antiberlusconiani.
La parte identitario-tradizionale si muove come cinghia di trasmissione del sindacato, ha come blocco sociale di riferimento dipendenti pubblici e pensionati, cioè gli iscritti alla cgil, è per un forte intervento dello Stato in economia, ma non sempre rispetta le istituzioni dello Stato (almeno non nelle sue frange più radicali) e non ha senso dell'interesse generale, ma si fa portavoce di interessi particolari, minoritari, territoriali, di retroguardia. Ha una posizione ambigua sull'Europa, in pratica ostile.

Dall'altra parte c'è l'altra sinistra, che si pone in autonomia dal sindacato, vuole allargare il blocco sociale di riferimento alle parte più dinamiche e innovative della società (borghesia, giovani, piccola e media impresa), vuole superare l'antiberlusconismo e la ventennale divisione dell'Italia tra berlusconiani e antiberlusconiani che ha preso il sopravvento sulla divisione destra-sinistra necessaria ad ogni democrazia. Si propone di sbloccare il mercato del lavoro tutelando gli interessi dei lavoratori non garantiti rispetto al consolidamento della protezione dei lavoratori già garantiti. Non è statalista, ma ha come tassello imprescindibile il rispetto delle istituzioni e antepone l'interesse generale a quello particolare o territoriale. E' per un'intensificazione del processo d'integrazione europea.

Renzi pare già il leader designato di questa sinistra. Sull'altro campo la situazione è più confusa, vuoi perchè la fusione tra identitari-tradizionali e antiberlusconismo militante genera contraddizioni, vuoi perchè la mappa è fatta di tanti leaderini e circoli chiusi, vuoi perchè sono diversamente collocati, vuoi perchè su di loro grava un terzo polo di attrazione che da quando è sorto il governo di larghe intese ha scatenato un'opa sull'antiberlusconismo, cioè il polo del 5stelle. Grillo infatti ha imbracciato la bandiera dell'antiberlusconismo, con la quale conta di attrarre a sè tutti i delusi del Pd e gli orfani dell'antiberlusconismo, cosa che probabilmente gli riuscirà in pieno.


mercoledì 1 maggio 2013

Il governo Letta e il ritorno della sinistra intollerante

Grillo ha rifiutato ogni accordo (ammesso che cercare un accordo con lui fosse una buona idea), mentre la strada del voto vorrebbe dire una vittoria certa di Berlusconi e una sconfitta della politica e della democrazia incapace di esprimere un governo dopo le elezioni (una democrazia che vota in continuazione è una democrazia debole) e costretta a tornare al voto ancora con la stessa legge elettorale. Non ci sono alternative al governo Letta. Non ci sono alternative anche per quello che è il Pd, una sinistra di governo e non di testimonianza, pronta a confrontarsi con la realtà e che finchè è minoranza nel paese è costretta ad allearsi ora con la sinistra radicale ora con la destra, due realtà affini per esercizio del ricatto, scarso senso dello Stato e scarsa cultura democratica.
Lo scontento della base è però comprensibile e le scelte vanno spiegate, senza dimenticare però che se fosse stato per la base non avremmo avuto la svolta di Salerno, il compromesso storico, lo strappo da Mosca e tutte quelle scelte che hanno visto la sinistra anteporre l'interesse generale allo spirito di parte. E non bisogna dimenticare che la base militante spesso è molto lontana da quello che pensa il resto dell'elettorato di sinistra.
Detto questo però bisogna distinguere il dissenso e la normale dialettica con chi lavora da mesi per una scissione del Pd. Si pensi per esempio a tutti quei commentatori che si oppongono al governo Letta e al tempo stesso lamentano l'esclusione della sinistra dall'esecutivo, lanciando allarmi sulla scomparsa della sinistra, magari da ricostruire nel nuovo cantiere di Vendola. Riemerge la solita vecchia sinistra sessantottina che rifiuta di confrontarsi con la realtà e il potere ma poi si rode di non averlo. D'altronde non è affatto vero che la sinistra è stata esclusa, visto che l'artefice di questo governo è il presidente Napolitano, che appartiene alla migliore tradizione del Pci e della sinistra. Ma ecco come lo liquida sprezzantemente Michele Serra, con la spocchia che lo contraddistingue: "Giorgio Napolitano, riconfermato al colle e primo artefice del nuovo governo. Meritato coronamento della vocazione governativa e lealista della destra comunista, da sempre capace di interpretare , nella lunga storia repubblicana, il punto di vista dello Stato ben più di quello della società, dei movimenti, degli umori popolari". Cosa ci sia di male nell'essere leali allo Stato repubblicano non si sa, ben venga una sinistra che sa farsi Stato, uno Stato democratico, mentre movimenti e umori popolari spesso si sono rilevati profondamente antidemocratici e intolleranti. Ma per quelli come Serra chi non la pensa come loro è di destra. E' la sinistra arrogante che ha sempre ragione e che ora sta regredendo alla contrapposizione tra Stato e società, tra partiti e movimenti e non a caso è sempre più succube dell'estremismo di Grillo, tanto da non essere capace di chiedergli conto di mesi d'incitamento alla violenza dopo il gravissimo attentato di domenica, delegando questo compito alla destra.

mercoledì 24 aprile 2013

Giorni convulsi

Una classe politica inetta non ha saputo eleggere un nuovo presidente della repubblica. Di questa classe politica fa parte  il movimento 5 stelle che in questi due mesi ha paralizzato il paese con la sua intransigenza. La scelta di Napolitano è comunque democraticamente legittima e Rodotà ha fatto bene a prendere le distanze dal cattivo maestro Grillo e dalla sua marcia su Roma.
Il Pd avrebbe potuto votare Rodotà alla quarta votazione, quella della scheda bianca, dopo il disastro Marini e Prodi, se non altro per far vedere che non c'erano i numeri. Il primo effetto delle manifestazioni di piazza contro la rielezione di Napolitano invece è stato aprire la strada alla riforma in senso presidenzialista del nostro stato, vecchio cavallo di battaglia della destra. Grillo ha urlato al golpe, ma finchè sarà libero di definire in questo modo una democratica rielezione del presidente della repubblica con il voto di tre quarti del parlamento, potremo dire di essere in democrazia e in uno stato di libertà. Il Pd dopo aver sottovalutato Grillo per anni, lo ha inseguito in questi due mesi, proprio quando la sua intransigenza cominciava a stufare un popolo che ha come priorità ora risposte concrete alla crisi e non più la cacciata della casta. L'elezione in Friuli, dove i cinque stelle hanno dimezzato i voti, ne è la conferma. Presto per dire che il Pd sia finito, sempre in Friuli è bastato candidare un volto nuovo come la Serracchiani per raggiungere una vittoria insperata. Lo hanno capito anche i giovani turchi, che dopo aver trattato Renzi come un infiltrato, ora lo vedono sempre più come leader e lo propongono anche come presidente del consiglio. Renzi giustamente non si fida, sa bene che l'ala sinistra del Pd lo vede bene come segretario porta-voti in un partito saldamente controllato da loro nelle strutture territoriali e nell'organizzazione e come presidente del consiglio bruciato dall'accordo con il Pdl. Infine Vendola, dopo aver spaccato il Prc nel 2008 (esperienza comunque storicamente conclusa), ora si appresta a dividere il Pd, sempre dopo avervi fatto entrismo per due anni e averlo usato per rientrare in parlamento con il 3%, per poi rompere l'alleanza al primo ostacolo.

giovedì 18 aprile 2013

Il 2013 orribile di Bersani

Gli errori di Bersani non sono cominciati ieri, ma si sono rincorsi per tutto il 2013. Dalla campagna elettorale sbagliata al prostrarsi dai grillini per due mesi per ottenere la fiducia, dalla lista comune con Vendola all'esclusione di Renzi. Un tentativo di accordo con il PdL per l'elezione del capo dello stato di per sè non è uno scandalo (un certo antiberlusconismo alla Travaglio, il Fatto, Flores è molto più dannoso), Grillo è un pericolo per la democrazia molto più di Berlusconi, la cosa inaccettabile è farne voto di scambio per il governo. La cosa suicida è che la scelta di Marini spacca il Pd, non tanto per i talebani brucia tessere che vogliono un partito di sinistra-sinistra succube di Grillo, ma per quelle anime fondatrici dello spirito originario del Pd, di cui Renzi ne è piena espressione.

venerdì 5 aprile 2013

A volte ritornano

Il tentativo di Bersani di ottenere la fiducia dai grillini può essere letto sotto due diversi strati. Il primo strato è quello del buon senso, può essere visto come un tentativo che va fatto da parte del Pd per riallacciare un ponte tra la politica e i cittadini, offrendo una sponda per il cambiamento e il rinnovamento della politica a quell'elettorato attratto da Grillo, attraverso provvedimenti concreti e nel merito. Ma successivamente prende contorno lo strato di una presa di distanza di Bersani dall'esperienza del governo tecnico di Monti, bollato dalla parte di sinistra tradizionalista e identitaria come un inciucio e un tradimento, verso la quale l'ala bersaniana appare fortemente egemonizzata, si pensi all'abbraccio mortale con Vendola, che tanto è costato in termini elettorali, ma anche in termini di lacerazione interna del Pd. La rigidità con cui Bersani porta avanti questo tentativo ("Non c'è un piano B", "o va in porto l'accordo coi grillini o niente"), escludendo ogni altra soluzione tecnico-istituzionale (ma non l'eventualità di un accordo con il PdL) fa pensare che prevalga questa seconda chiave di lettura, che questo secondo strato sia più profondo. Se si considera che il M5S per molti aspetti ha preso il posto della sinistra radicale, di certo assorbendo quasi tutto il suo elettorato, e che a fare da pontieri nel tentativo di accordo M5S-Pd c'è sempre la SeL di Vendola, emerge più chiaramente la logica stantia del "nessun nemico a sinistra", nonchè un nuovo tentativo di ricostruire un centrosinistra allargato a sinistra, a guida socialdemocratica, una guida però che è a sua volta condannata ad essere ostaggio del purismo della sinistra radicale ed ora dei grillini, che i socialdemocratici cercano di dividere assorbendone una parte per modificare gli equilibri interni nel centrosinistra, ma da cui risultano essere pesantemente condizionati e ipotecati. E così proprio in queste ore mentre Orfini chiama Vendola ad entrare nel Pd per "ridefinirlo" e "cambiare la qualità dell'offerta politica",  il governatore della Sicilia Crocetta, laboratorio di un'intesa Pd-M5S, cerca di resuscitare la Rivoluzione Civile di Ingroia e i rottami di Rifondazione tentando di recuperarli nella sua lista civica. E poi fanno passare Renzi per scissionista e sabotatore.

venerdì 29 marzo 2013

Il sinistro totalitarismo di Grillo

Grillo preferisce un governo tecnico ad un governo politico (la smentita del pomeriggio fa parte del solito gioco coi media). Come nella scelta di cassare la proposta programmatica di Bersani c'è una scelta di fondo ideologica e strategica e non di merito. L'obbiettivo è sempre più dare un'immagine di inutilità dei partiti, tutto è meglio dei partiti. Era questo il senso del no a Bersani, e non tanto la necessità di venire incontro e non scontentare la parte del suo elettorato proveniente da destra. Anzi, da questo punto di vista l'attacco al Pd ricalca gli schemi dell'ultrasinistra, è Bersani che viene accusato di essere uguale a Berlusconi e mai viceversa, è il Pd che viene accusato di inciuciare con il Pdl, ma l'odio settario verso il Pd è una riproposizione degli schemi dell'ultrasinistra e non un riconoscimento alla parte destra.
Se è vero che la retorica anticasta ricorda la demagogia del primo fascismo, gli obbiettivi di fondo dei grillini riportano al totalitarismo di sinistra, l'idea di una democrazia pura, senza rappresentanti, senza partiti, addirittura senza governo, così come il mito di una volontà univoca e monolitica del popolo che esercita la sovranità senza limiti costituzionali (e i limiti costituzionali furono pensati dai padri costituenti per evitare che un altro Hitler vincesse le elezioni), cosa questa che va in cortocircuito con la morale grillina che chi non la pensa come Grillo è un servo colluso con la casta, pagato e in malafede, per cui la volontà popolare tanto reclamata va in subordine al verbo del Capo. D'altronde anche il "chi ti paga" grillino è tipico del complottismo dell'estrema sinistra degli anni '70, così come il bollare come propaganda ogni fonte diversa dal proprio campo.
Cercare di collocare il grillismo entro le logiche di destra-sinistra non è un semplice esercizio di stile, serve a comprenderlo meglio rispetto a genericità come "cittadini", "popolo", e può servire a farlo venire allo scoperto. Attualmente quindi lo collocherei nell'ultrasinistra, che come tale ha come primo nemico la sinistra, ma ciò non toglie che un movimento del genere non possa virare prima o poi verso una nuova forma di fascismo. D'altronde anche il fascismo delle origini fu fondato da molti ex rivoluzionari di sinistra e i segnali ci sono tutti.

mercoledì 27 marzo 2013

Grillo alla guerra

Dopo il voto per Grasso al senato sembravano essere sorte delle contraddizioni tra i deputati grillini, invece oggi i due capigruppo Crimi e Lombardi hanno mosso il loro netto no alla fiducia a Bersani. I grillini ora sembrano tornare monolitici e tra i corridoi non si carpiscono più voci dissidenti. In realtà la situazione in questo caso era più difficile, dopo il voto per Grasso infatti Grillo ha lanciato una caccia all'infiltrato in rete che osa chiedere l'accordo col Pd, che era in realtà una minaccia ai dissidenti, ai quali il despota ha fatto capire che un voto discordante sarebbe costato l'accusa di alto tradimento e l'espulsione. Dall'altra parte l'offerta del Pd non è apparsa irrinunciabile, gli otto punti sono apparsi più dei titoli a tema che delle chiare proposte di legge nel merito, ne' è stato messo in risalto che stava passando l'occasione storica di liberarsi di Berlusconi dalla scena politica. Inoltre mentre Bersani tentava questa strada già si ventilavano nel Pd le larghe intese e ciò intimidiva ulteriormente i grillini dissidenti. Crimi e Lombardi si sono presentati così all'incontro ripetendo le frasi fatte concepite dal loro capo, confermandosi due burocrati. Tra queste l'immagine che destra e sinistra hanno governato ugualmente negli ultimi vent'anni, al quale si poteva facilmente rispondere che dal 2001 al 2011 Berlusconi ha governato per otto anni e mezzo con delle schiaccianti maggioranze e che perciò appiattire a metà le responsabilità è un buon modo per alleggerire quelle di Berlusconi.
Ma perchè Grillo ha opposto un così netto rifiuto? Certo, rifiutandosi costringe il Pd ad accordarsi con il PdL e potrà urlare all'inciucio aumentando i consensi. Ma in fondo anche accettando l'offerta di Bersani poteva presentarsi come quello che agendo nel merito e non in maniera ideologica costringe il Pd a venire sulle sue posizioni, uscendone da vincitore e aumentando anche così i consensi. Il fatto è che Grillo non vuole solo annullare la distinzione destra-sinistra, ma sostituendola con quella grillini-antigrillini vuole eliminare i partiti e svuotare la democrazia. La sua non è solo propaganda elettorale, ma una dichiarazione di guerra (come più volte ha detto "siamo in guerra"), il suo non è solo un movimento di protesta, ma un movimento di fanatismo.

lunedì 25 marzo 2013

Destra e sinistra irrompono nel comunitarismo grillino

I deputati grillini non sono così monolitici come pensavo. Si sono divisi sulla votazione a Grasso presidente del senato. Quei dodici parlamentari a cinque stelle che hanno votato per Grasso hanno messo in discussione il dogma grillino del "sono tutti uguali". Grasso e Schifani non sono uguali, ma in crisi è andata anche la tesi più generale che destra e sinistra sono uguali, o non esistono, o complottano ("inciuciano" secondo il vocabolario dell'organo ufficiale del grillismo, il Fatto Quotidiano) a danno dei cittadini. Che esistano la destra e la sinistra è insopportabile per Grillo, ma che emergano posizioni di destra e sinistra all'interno del suo partito porterebbe ad una vera e propria implosione della sua comunità. Per questo Grillo si guarda bene dall'affrontare temi come l'immigrazione, i matrimoni gay, i diritti civili in generale, i quali oltre a creare una linea di differenziazione netta tra destra e sinistra, comportano un grado d'identità sociale ben più complessa della schematica e manichea contrapposizione tra la classe dei "cittadini" da una parte e l'indistinta "casta" dall'altra. Per di più l'idea che la democrazia si fortifica con il riconoscimento delle minoranze va in collisione con l'idea totalitaria del grillismo che tutti debbano conformarsi alle decisioni della maggioranza.

mercoledì 6 marzo 2013

La cucina di Grillo e Casaleggio

Chi si aspettava che dalla prima riunione dei deputati grillini uscisse una linea politica è rimasto deluso. Non è solo che evidentemente la linea viene decisa in altra sede da Grillo e Casaleggio, è che gli attivisti grillini non sono tarati per avere una visione d'insieme, complessiva, politica. I grillini viaggiano a tematiche. C'è chi si occupa di ambiente, chi di trasporti, chi di internet, chi di No Tav e ognuno dal suo recinto non esce. Una spartizione di tematiche prevalentemente localistiche, più adatte ad un'assemblea regionale o comunale che al parlamento. Quale sia poi il livello di competenza non si sa, dato che chi si aspettava di vedere all'opera la famosa trasparenza è rimasto deluso: infatti non solo non si è visto nessun dibattito politico, ma nemmeno un approfondimento tecnico, ma solo una scolastica presentazione dei deputati, nome, cognome, area di provenienza, qualifica e tematica d'interesse.

mercoledì 27 febbraio 2013

Grillo, non solo protesta


La mancata riforma della legge elettorale, il mancato taglio ai costi della politica, il non aver fatto una legge sul conflitto d'interesse, gli scandali della politica. Questi punti hanno reso possibile il boom di Grillo in queste dimensioni, per quel che concerne il voto di protesta, cioè chi vota Grillo a causa degli scandali e delle mancanze dei partiti, ma magari non condivide tutte le posizioni di Grillo. Ma Grillo non è solo voto di protesta, fin dagli anni '90 porta avanti una visione del mondo attraverso i suoi spettacoli: Il cittadino che vive nell'inganno universale, colpito nel portafoglio dalle lobby petrolifere, industriali e farmaceutiche, coperte dalle caste professionali e dagli scienziati venduti al loro soldo, (come Rita Levi Montalcini, che Grillo definì “vecchia puttana”), vessato dalla casta politica in cui tutti inciuciano con tutti. Ogni fonte d'informazione sarebbe menzognera, i giornalisti venduti alla casta, l'unico modo per conoscere la verità accedere al blog di Grillo e ascoltare il suo verbo. In questo modo, dopo aver mandato in paranoia migliaia di persone, diventa automatico che chiunque lo critica è un servo della casta e chi non lo vota “un colluso”. Grillo ha così creato un clima da guerra civile dove il cittadino cerca rifugio in una comunità di gente tutta uguale a lui per combattere tutte le caste che congiurano e si ingrassano alle sue spalle. Ma tra gli elettori grillini troviamo una parte di ex elettori di Berlusconi che dopo aver votato Pdl per vent'anni sono decisi a lavarsi la coscienza al grido di “i politici sono tutti uguali e ladri”, ci sono leghisti contrari all'alleanza con Berlusconi attratti dalla retorica antiEuropa e antitasse, un'altra parte di sinistri radicali con un'idea della politica e della società utopica e totalitaria, un nutrito gruppo di forcaioli che hanno abbandonato Di Pietro, infine piddini delusi dalla linea del Pd che fanno un “dispetto” al proprio partito. Gli attivisti e i candidati sono invece più riconducibili all'estrema sinistra, con idee strampalate e folli in economia, integraliste sull'ambiente, più una quota di tribù No Tav. A capo di tutto ci sono loro due, Grillo e Casaleggio, due sessantottini rancorosi, dalla psicologia e dal linguaggio fascista, convinti di essere due profeti. Ci sono poi gli endorsment. Adriano celentano, un qualunquista che odia il progresso. Dario Fo, repubblichino in gioventù, infatuatosi della rivoluzione culturale di Mao negli anni '70. Mina, in fuga dal fisco. C'è il “ne' destra ne'sinistra”, già stato del fascismo, del qualunquismo e della Lega. Non è nuova l'idea della democrazia diretta, idea che ha già partorito mostri totalitari nel '900. Non è nuova l'idea del partito degli onesti, già del fascismo e del partito di Di Pietro e Scilipoti. Non è nuova l'idea del reddito di cittadinanza, vecchio cavallo di battaglia di Rifondazione e dei Cobas. Non è nuovo il rifiuto di ogni confronto e dibattito, già strategia di Berlusconi, ma senza dibattito si uccide la democrazia. Di nuovo c'è l'utilizzo di internet come strumento di creazione del consenso, spacciato come liberazione dell'umanità, e la buona fede di tanti giovani che si avvicinano privi di ogni esperienza politica, con la voglia di partecipare e di cambiamento.