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mercoledì 1 maggio 2013

Il governo Letta e il ritorno della sinistra intollerante

Grillo ha rifiutato ogni accordo (ammesso che cercare un accordo con lui fosse una buona idea), mentre la strada del voto vorrebbe dire una vittoria certa di Berlusconi e una sconfitta della politica e della democrazia incapace di esprimere un governo dopo le elezioni (una democrazia che vota in continuazione è una democrazia debole) e costretta a tornare al voto ancora con la stessa legge elettorale. Non ci sono alternative al governo Letta. Non ci sono alternative anche per quello che è il Pd, una sinistra di governo e non di testimonianza, pronta a confrontarsi con la realtà e che finchè è minoranza nel paese è costretta ad allearsi ora con la sinistra radicale ora con la destra, due realtà affini per esercizio del ricatto, scarso senso dello Stato e scarsa cultura democratica.
Lo scontento della base è però comprensibile e le scelte vanno spiegate, senza dimenticare però che se fosse stato per la base non avremmo avuto la svolta di Salerno, il compromesso storico, lo strappo da Mosca e tutte quelle scelte che hanno visto la sinistra anteporre l'interesse generale allo spirito di parte. E non bisogna dimenticare che la base militante spesso è molto lontana da quello che pensa il resto dell'elettorato di sinistra.
Detto questo però bisogna distinguere il dissenso e la normale dialettica con chi lavora da mesi per una scissione del Pd. Si pensi per esempio a tutti quei commentatori che si oppongono al governo Letta e al tempo stesso lamentano l'esclusione della sinistra dall'esecutivo, lanciando allarmi sulla scomparsa della sinistra, magari da ricostruire nel nuovo cantiere di Vendola. Riemerge la solita vecchia sinistra sessantottina che rifiuta di confrontarsi con la realtà e il potere ma poi si rode di non averlo. D'altronde non è affatto vero che la sinistra è stata esclusa, visto che l'artefice di questo governo è il presidente Napolitano, che appartiene alla migliore tradizione del Pci e della sinistra. Ma ecco come lo liquida sprezzantemente Michele Serra, con la spocchia che lo contraddistingue: "Giorgio Napolitano, riconfermato al colle e primo artefice del nuovo governo. Meritato coronamento della vocazione governativa e lealista della destra comunista, da sempre capace di interpretare , nella lunga storia repubblicana, il punto di vista dello Stato ben più di quello della società, dei movimenti, degli umori popolari". Cosa ci sia di male nell'essere leali allo Stato repubblicano non si sa, ben venga una sinistra che sa farsi Stato, uno Stato democratico, mentre movimenti e umori popolari spesso si sono rilevati profondamente antidemocratici e intolleranti. Ma per quelli come Serra chi non la pensa come loro è di destra. E' la sinistra arrogante che ha sempre ragione e che ora sta regredendo alla contrapposizione tra Stato e società, tra partiti e movimenti e non a caso è sempre più succube dell'estremismo di Grillo, tanto da non essere capace di chiedergli conto di mesi d'incitamento alla violenza dopo il gravissimo attentato di domenica, delegando questo compito alla destra.

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