Siamo sempre stati in pochi a denunciare il filoputinismo della Lega di Salvini, ma non solo di Salvini: Forza Italia, estrema sinistra, estrema destra, ma anche pezzi del Pd (Cofferati, D'alema) hanno sempre avuto un certo riguardo verso la Russia, non proprio un paese liberaldemocratico.
Quello che emerge dalle intercettazioni di questi giorni è però qualcosa di più articolato rispetto alle mistificazioni dei giornali antileghisti. In realtà sarebbe l'Eni, l'azienda petrolifera italiana, ad aver finanziato la Lega, attraverso una triangolazione con i soci russi quali Rosneft e altre agenzie petrolifere, per evitare di tracciare i finanziamenti. In pratica l'Eni pagava il petrolio russo con cifre maggiorate e il surplus veniva girato alla Lega dai petrolieri di Putin, ma erano soldi dell'Eni.
Ci troveremmo di fronte al solito finanziamento illecito ai partiti da parte di un capitalismo italiano che intrattiene rapporti privilegiati con autocrazie e dittature varie, che scatenò tangentopoli, secondo la legislatura demagogica e ipocrita che i partiti debbano essere finanziati solo dai privati cittadini e dai propri militanti e non dalle grandi aziende. La grande ipocrisia che determinò il 1992, che poi il Pci fosse stato ricoperto di rubli dall'Unione Sovietica non sembrò interessare particolarmente la sinistra giustizialista.
Forse, più che del rapporto tra Salvini e la Russia, del facile moralismo, bisognerebbe interrogarsi sullo storico doppio giochismo del capitalismo (di Stato) italiano e dei suoi rapporti con le dittature antioccidentali.
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