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martedì 18 luglio 2017

Quando la sinistra parlava di nazionalismo correttamente inteso

Se dici patria in Italia, dici fascismo. Può sembrare ovvio, d'altra parte il fascismo non fu forse un movimento nazionalista? Può sembrare normale che qualunque "democratico" o persona di sinistra non ne voglia sapere di parlare di patria, ma non è così. lasciamo da parte il risorgimento democratico e socialista di cui nessuno si ricorda, ma la stessa resistenza antifascista fu patriottica. Non solo gli antifascisti non comunisti, ma anche i comunisti consideravano l'antifascismo una forma di patriottismo da contrapporre al nazionalismo fascista. Nel campo comunista fu Stalin a voler dare questo segno alla lotta contro Hitler e Mussolini, arrivando a sciogliere la terza internazionale e facendo dire a Dimitrov che "il nazionalismo correttamente inteso non è contrapposto all'internazionalismo". La natura tattica, ma sopratutto temporanea di questa linea non impedì che in Italia fosse interpretata in senso strategico dai togliattiani più conseguenti, come il leader comunista Giorgio Amendola. Pertanto, fu solo con l'esplodere del '68, nel contesto di una dura contestazione al Pci togliattiano, che questa interpretazione patriottica dell'antifascismo e in ultima analisi del comunismo italiano venne bollata come "retorica" e "controrivoluzionaria", venendo messa in severa discussione in nome di un nuovo internazionalismo che guardava alla Cina di Mao e ai movimenti terzomondisti, che per inciso erano a loro volta ipernazionalisti dal loro punto di vista, facendo quindi fare la figura degli utili idioti ai loro epigoni occidentali. Fu quindi solo allora che il patriottismo e parole come patria divennero degli appestati a sinistra, dal momento che anche l'Unione Sovietica aveva da tempo abbandonato quella linea e aveva introdotto il pacifismo come linea tattica che i comunisti occidentali dovevano portare avanti nel contesto della guerra fredda, da alternare con il ritorno del rivoluzionarismo. Cosa rimane oggi di tutto ciò? Siamo nell'era che è stata definita postideologica, e questo sarebbe un bene, ma che potremmo anche dire postgeopolitica e postpolitica, nel senso che molte persone assumono posizioni senza avere la coscienza del significato geopolitico, storico e politico delle loro posizioni.

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