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lunedì 25 febbraio 2019

Zingaretti, il nulla che ritorna

Nell'intervista alla Repubblica del 24 febbraio 2019, il candidato segretario al Pd Zingaretti ha riversato un cumulo di parole d'ordine perentorie, ma sul piano dei contenuti nessuna proposta concreta, solo fumo e la solita restauratrice opzione dell'Ulivo. Zingaretti infatti apre contemporaneamente ai delusi dai 5 stelle e ai delusi di Salvini e Forza Italia, sogna il ritorno alla centralità del Pds con una stampella di sinistra radicale da una parte e una stampella centrista dall'altra. la solita accozzaglia inconcludente da primi anni 2000 e infatti Zingaretti strizza l'occhio sia allo sviluppo economico che all'ambientalismo radicale, sogna un governo schizofrenico che fa contenti sia i No Tav che il nord produttivo, glissa sulla collocazione geopolitica, non si sa se sta con Maduro o con Guaidò, con la Russia o con l'Occidente, reclama l'autocritica di Renzi come ai bei tempi del Pcus, lo attacca in maniera trinariciuta sul piano personale, lo accusa come un nipotino sconclusionato di Gramsci senza vergogna di subalternità ai grillini (Gramsci si rivolta nella tomba), quando Renzi è stato l'unico politico di centrosinistra sempre alternativo ai grillini, mentre Bersani si faceva umiliare in streaming da Beppe Grillo e D'Alema teorizzava alleanze coi 5 stelle. Davvero il popolo di sinistra vuole tornare a questa sinistra bolsa, scolastica, a questa sorta di stalinisti paciocosi e morbidosi, con la faccia di Bersani e la voce litaniosa di Vendola, il 3 marzo c'è di meglio da votare, che sia Martina o Giacchetti.

mercoledì 20 febbraio 2019

Quella voglia di mettere in galera gli avversari politici

In Italia la politica e il suo dibattito continuano ad essere sotto dettatura della magistratura e del suo interventismo, o meglio di una parte di essa. Si è ricominciato con il tentativo di incriminare Salvini, che non ha fatto altro che aumentare la sua esondante popolarità oscurando i fallimenti economici e politici del governo, anche se ha contribuito a sputtanare i grillini, quanto meno sul piano della coerenza: forcaioli con i nemici e garantisti con gli amici, il partito 5 stelle ha completamente disatteso uno dei suoi cardini fondanti, la battaglia contro l'immunità parlamentare, il che può essere un bene, ma che essendo a targhe alterne fa di loro una banda di italici cialtroni.

Battaglia contro l'immunità parlamentare, che, ci dice che i "valori" originari traditi a targhe alterne dal partito cinque stelle sono quelli dell'odio fascioleninista contro i parlamentari e la democrazia rappresentativa, dell'odio verso quel "bivacco" in cui si vorrebbe che ogni parlamentare possa essere destituito in ogni momento da qualche tribunale del popolo o commissario della polizia politica, in cui si pretende che "uno vale uno", perchè l'idea alla base del giustizialismo è l'egualitarismo, l'idea che siamo tutti uguali, ma al contrario alla base della democrazia liberale c'è l'idea che un rappresentante del popolo non sia uno come tutti gli altri.

L'immunità parlamentare infatti fu istituita dai padri costituenti antifascisti proprio per evitare le persecuzioni politiche da parte di magistrati organicamente politici che erano state all'ordine del giorno sotto la dittatura fascista. La magistratura, organo da sempre politicizzato in molti suoi elementi, è stata fino agli anni '70 di derivazione fascista, ma poi fu in parte infiltrata anche dall'estrema sinistra o da settori del partito comunista, poi ovviamente c'erano magistrati apolitici oppure legati ad altre correnti politiche. In questo senso si dovrebbe leggere di più Nilde Iotti e il suo intervento a difesa del parlamento e delle sue prerogative e meno il camerata Travaglio.

D'altra parte la Casaleggio Associati, quasi a voler depotenziare questa scelta, ha messo in piedi la messa in scena del voto online, come a voler dire che sì è vero, abbiamo dato l'immunità a Salvini, ma non lo hanno deciso i parlamentari, ma la democrazia diretta e quindi in ultima analisi il parlamento è comunque delegittimato e i parlamentari ridotti a passa carte del popolo virtuale.

La vendetta trasversale è una pratica tipica di un paese familista e tribale, mai pienamente entrato nella modernità, le brigate rosse uccidevano il fratello del pentito Peci dopo un delirante processo, Totò Riina scioglieva nell'acido i figli dei pentiti, oggi, meno cruentemente, ce la si prende coi padri di Di Maio, Di Battista e Renzi. L'Italia è un paese che non ha imparato nulla dalla propria storia, che crede ad assurdità moralistiche e puriste come il pensare che la politica debba autofinanziarsi, si fa i liberisti con l'editoria, la politica, la cultura, il cinema, il teatro, ma i protezionisti con l'agricoltura, gli statalisti con l'industria e i nazionalizzatori con la finanza.

Un paese ormai feroce e disumano, che ha abolito la norma che impediva che gli ultrasettantenni potessero andare in galera, salvo casi gravissimi, che minaccia sotto casa chi adotta i bambini africani, che soffre per le tartarughe marine incagliate nella plastica ed esulta se un richiedente asilo muore in mare, dove risorge l'antisemitismo e il suo ipocrita alter ego antisionista, che picchia i medici, odia la scienza e la cultura, ma dove ancora c'è chi ha voglia di opporsi a chi vuole isolarci e ridurci come il Venezuela e la Corea del nord.

martedì 19 febbraio 2019

Europee, non solo brutte notizie dai sondaggi

Gli ultimi sondaggi a livello continentale sulle prossime elezioni europee hanno monitorato l'ascesa dei sovranisti e dei populisti, ma, se i sondaggi, saranno confermati, non si parla di come si preannuncia anche una ascesa dei liberaldemocratici e dei verdi. Se le cose dovessero andare così, la perdita di consenso di popolari e socialdemocratici verrebbe compensata dall'affermazione di queste due formazioni, che entrerebbero nella maggioranza, mentre sovranisti e populisti, pur crescendo,rimarrebbero in minoranza.

Non tutto il male viene per nuocere, se è vero che non solo va sventato il pericolo neototalitario dei nazionalpopulisti, ma è necessaria anche una riforma dell'Europa, che ancora oggi viene rappresentata nel mondo da veterosocialdemocratici come la Mogherini, che non perde occasione di sibilare il suo veleno contro Israele. L'ingresso dei liberali in maggioranza potrebbe essere una ventata di freschezza e novità e forse anche da parte dei verdi, trainati dai verdi tedeschi, che, ricordiamolo, non sono paragonabili ai reazionari verdi italiani, ma sono una realtà che sa coniugare ambientalismo con modernità.

Renzi alla sbarra, il grande fratello scagiona Salvini

Nello stesso giorno in cui il padre di Renzi viene messo ai domiciliari e il grande fratello grillino chiama a raccolta gli adepti per salvare l'amico Salvini si chiarisce il fatto che il movimento 5 stelle non ha tradito i suoi ideali fondativi, ma si conferma per quello che è, un partito "ideologico" e non "postideologico", ma non di delusi di sinistra, bensì di delusi di Berlusconi, in cui i delusi di sinistra sono solo degli utili idioti. L'alleanza Salvini-Di Maio è più solida che mai, le categorie di destra e di sinistra per come le intendono i filosofi babbei alla Cacciari o i fighi alla Scanzi sono fuori uso, il governo si regge su altro, solo le contraddizioni interne alla lega e non certo quelle ininfluenti nel partito cinque stelle possono cambiare qualcosa.

domenica 17 febbraio 2019

La verginelLetta di campagna

Il populismo è un movimento mondiale con il suo epicentro a Mosca, in Russia. Dire che è stato Renzi con la retorica della rottamazione a creare il populismo ci dice molto del provincialismo della verginelLetta di campagna. La rottamazione, in realtà, è stato un discorso generazionale, magari sbagliato, ma che appartiene pienamente alla storia della sinistra, da sempre un movimento che esalta i giovani contro le vecchie generazioni, ma alla fine tutto torna: Pietro Secchia e Luigi Longo erano i giovani negli anni '20 che spingevano per andare su vie rivoluzionarie, ma negli anni '50 e '60 erano la vecchia guardia che difendevano il tradizionale modello di partito rispetto alle innovazioni nella continuità, D'Alema a fine anni ottanta rottamava Natta, prima Berlinguer aveva rottamato Amendola, insomma, il populismo proprio non c'entra nulla. Renzi è stato un argine al populismo, come a suo modo e con le sue contraddizioni lo è stato Berlusconi in precedenza, chi occhieggiava ai grillini erano altri, indovinate chi?

venerdì 15 febbraio 2019

Renzi e il Pci

"Il Pci vinceva perchè stava in mezzo alla gente? Il Pci non vinceva mai". Questa risposta di Renzi ai neonostalgici del Pci gli costerà la solita nomea di arrogante da parte delle eterne prefiche offese, ma chi dovrebbe offendersi è la storia del Pci a sentire che il Pci "stava in mezzo alla gente", una stronzata detta da chi negli anni '70 vomitava fango sul Pci, rigorosamente "da sinistra", dicendo le stesse identiche cose che oggi dice di Renzi e della sinistra riformista e che oggi si reinventa depositario di una storia e di una inesistente età dell'oro che non gli appartiene e che non conosce.

Ridurre la storia del Pci ad una storia sociale e comunitarista da piccolo borgo medioevale è un insulto ad un partito che era prima di tutto internazionale con una precisa collocazione geopolitica, poi era strettamente POLITICO, con una linea tattica e strategica, una politica delle alleanze, una strategìa parlamentare, poi era un partito culturale, con una casa editrice, riviste, quotidiani, un'azione costante a costruire l'egemonìa culturale, quindi era un partito della classe operaia, non della gente, ma aperto al rapporto con i variegati ceti medi, i piccoli imprenditori, ovviamente gli intellettuali, un partito produttivista, sviluppista, non certo della decrescita (in)felice, che certamente sarebbe stato a favore della Tav, e che, è vero, non vinceva mai.

martedì 12 febbraio 2019

Le elezioni in Abruzzo del 2019

Le elezioni in Abruzzo ci hanno sostanzialmente confermato quanto ci arrivava dai sondaggi. Un forte travaso di voti dal movimento 5 stelle a Salvini, che da una parte conferma il sostegno generale al governo, ma dall'altra un forte riposizionamento interno. Il Pd tiene se si considerano per voti del Pd anche quelli della lista civica di sostegno al candidato presidente, ma la dispersione diffusa di voti alle altre liste di centrosinistra ha ridato fiato ai nostalgici dell'Ulivo allargato. I politologi ci ricordano che comunque un voto locale non può essere sovrapposto alla realtà nazionale, ma non si può nemmeno pensare che la realtà sia fatta a compartimenti stagni. Da questa dialettica bisogna sicuramente considerare il tracollo di venti punti dei grillini, da una parte fisiologico per un partito che, a parte le eccezioni di Roma, Parma, Torino e Livorno, ha sempre fatto male a livello locale, essendo un partito di opinione, molto più ideologico di quanto si pensi e privo di amministratori locali o idee pragmatiche, ma dall'altra un segnale di perdita di consenso anche a livello politico. D'altronde cosa divide Salvini dai 5 stelle? In realtà molto poco a differenza di quello che sostengono i nostalgici del centrosinistra e del centrodestra, ma quel molto poco dovrebbe essere indicativo del travaso: per primo la Tav, Salvini a favore e i pentastellati contro. In secondo luogo il Venezuela. Null'altro, altro che "divisi su tutto". Cosa significa il discorso sulla Tav a livello abruzzese? Forse si ritiene che una volta portato a casa il reddito di cittadinanza o forse delusi dalla mancata generalizzata diffusione di esso, ora ci si rivolge a chi parla di opere pubbliche, infrastrutture, lavoro? Sul Venezuela sarebbe bello credere che la vergognosa posizione dei cinque stelle abbia indignato l'elettorato abruzzese, ma forse è sopratutto il tema della Tav e quindi dello sviluppo economico a interessare. Rimane il fatto che c'è un recinto interno Salvini-5stelle ben definito e che da quello gli altri partiti non prendono nulla, ma chiaramente devono rivolgersi alla fortissima astensione.

lunedì 11 febbraio 2019

Bombardate gli italiani, non il parlamento

Mahmood non andrà a Tel Aviv a cantare. Il legittimo vincitore del Festival di Sanremo si nasconde dietro un "Non so se andremo, dobbiamo capire meglio...". C'entrerà per caso l'antisemitismo? Intanto lui è già un simbolo per quell'Italia di cattorincogliomunisti che vedono in un tamarro del Gratosoglio che canta una canzone maschilista che sembra la versione islamica di mamma ritorno da te sono tanto felice, che non va a suonare a Tel Aviv, il modello del nostro futuro e il nuovo Martin Luther King. Dall'altra parte il branco abbaiante dei sovranisti col culo a Putin già urla al gomblotto delle elite e dei radical-chic contro la gggente e sogna di mettere il bavaglio alla giuria del Festival - che a quanto pare non può votare quel cazzo che gli pare, ma solo quello che dice la gggente - oltre ai giornalisti, agli intellettuali, al parlamento, al presidente della Repubblica, ai partiti, ai sindacati, a tutti quelli che non la pensano come loro.

Questa massa sbavante di fascisti della democrazia diretta, che vogliono il televoto e il plebiscito per ogni cosa e proprio per questo sono fascisti, perchè il fascismo è stato la dittatura della maggioranza, l'effetto perverso dell'ingresso delle masse nella vita politica e della loro fanatizzazione e della contemporanea distruzione dell'inciucio giolittiano, anche se loro non lo sanno, sono l'onda lunga di un paese di ex democristiani radicalizzati e frantumati tra opposti estremismi, mentre la rivoluzione liberale può attendere, moriremo democristiani con l'aggravante degli opposti estremismi postmoderni all'Ultimo stadio dell'idiozia o solo un intervento esterno ci può salvare perchè la storia insegna che la democrazia si esporta con le bombe e ogni 70 anni gli italiani andrebbero bombardati dagli americani, precisamente quando iniziano a dire "me ne frego", "non accettiamo lezioni da nessuno" e dichiarano guerra alla Francia.

sabato 2 febbraio 2019

Il carrista Cofferati

Nel 1956 comunisti come il leader sindacale della Cgil Di Vittorio e il dirigente del partito Giorgio Amendola si schierarono contro l'invasione dell'Ungheria da parte dei carri armati dell'Unione Sovietica. Oggi, leader cosidetti riformisti come Giorgio Cofferati non hanno il coraggio di condannare il regime sanguinario nazicomunista del Venezuela e al parlamento europeo si astengono dal riconoscere il leader democratico Guaidò. Sono gli eredi dei "carristi", quella componente del partito socialista più stalinista di certi comunisti che si schierò con i carri sovietici. Una peculiarità della sinistra italiana che serve a capire anche molti aspetti della nostra attualità. Comunisti capaci di politiche riformiste da una parte e socialisti pseudoriformisti e ottusamente massimalisti dall'altra. D'altra parte il consulente della commissione Mitrokhin, Paolo Guzzanti, chiarì come il Kgb lavorò, più che con i comunisti, con gli esponenti dell sinistra pseudoriformista e democristiana.