Blog che si occupa di geopolitica, politica italiana, storia del comunismo, della sinistra italiana e osservatorio sui movimenti estremistici e sul nuovo antisemitismo
domenica 25 febbraio 2018
C'è Radicale e radicale
Ho avuto il piacere di votare i radicali al consiglio di zona delle ultime elezioni comunali milanesi, mentre il Pd locale candidava una affiliata alla organizzazione clerico-fascista dei Fratelli Mussulmani. Oggi, mentre si avvicinano le elezioni nazionali, mi chiedo cosa abbia a che spartire con i radicali la lista +Europa di Bonino e del democristiano (buono, non come quel cattivone di destra Renzi) Tabacci. Forse che quel più Europa si riferisce alla storica proposta di Pannella di far entrare Israele nell'Unione Europea (Storico intervento di Pannela su Israele), o forse si riferisce all'Europa che liscia il pelo a Erdogan? Temo la seconda. Per la cronaca, la Bonino, che con Panella si scornò non poco e ruppe già anni orsono, con i radicali non ha più nulla a che fare, come ha avuto modo di osservare molto compiaciuto Scalfari (Leggi di più). La Bonino da anni frequenta i salotti e le fondazioni di D'Alema, di Amato, (La seconda vita di Emma) il quale ancora oggi medita vendette per non essere stato eletto presidente della repubblica come baffino e Berlusconi avevano deciso, dimenticandosi di interpellare però il segretario del primo partito italiano, quel ragazzino, Renzie, che scelse Mattarella.
sabato 24 febbraio 2018
Tattica e strategìa alla base della nuova pavloviana stagione "antifascista"
Ma davvero c'è chi pensa seriamente che il fascismo sia alle porte in questo paese nel 2018? Davvero c'è chi si è bevuto il pericolo dell'onda nera inventato dagli agit-prop d'alemiani? A quanto pare sì. Per dirla alla Pansa, c'è chi crede a queste "fesserìe". L'esperimento sociale dello scienziato politico di professione sembra dare i suoi frutti, i topini da laboratorio rispondono agli stimoli, i cani di Pavlov rispondono al riflesso condizionato.
Di fronte all'eventualità concreta di estinzione il vecchio centro politico rimette le lancette della storia all'indietro e si reinventa un fronte antifascista dove ovviamente loro sono alla testa e detengono l'egemonìa sugli altri, che si devono accodare.
Alla manifestazione contro "razzismi e fascismi" organizzata dall'Anpi, un'associazione che con la resistenza e l'antifascismo ormai c'entra come i cavoli a merenda, una delle tante vecchie cinghie di trasmissione inventate dal Pci per avere l'egemonìa sulla società civile, che il lunedì sfila contro il razzismo e il martedì con chi odia gli ebrei, Renzi in netta difficoltà si ritrova a dover andare e Bersani lo accoglie bonario: "Io sono della vecchia scuola e voglio che in questa piazza non ci sia solo la sinistra e il centrosinistra ma anche tutti i democratici, i liberali, tutto l'arco costituzionale". L'isteria collettiva della base è pari solo al delirio di onnipotenza di chi crede ancora di essere a capo di un partito del 30% e non di un cartellino elettorale del 4%, di chi crede di poter riuscire a fare quello che non è riuscito nemmeno alla "vecchia scuola", ne' a Togliatti, ne' a Berlinguer, riproponendo il vecchio schema politico.
In parole povere, fallito l'assalto al palazzo d'inverno (nel suo caso quel 15% che pensava di poter prendere), il nostro leader maximo D'Alema ora tenta la manovra tattica delle alleanze coi "sinceri democratici", i quali però sottostando ai suoi ricatti morali e ideologici devono di conseguenza sottostare alla sua leadership, mentre sull'altro lato non si rompono i legami ambigui con gli antagonisti.
Ma realisticamente, e lo sanno, quello che possono riuscire a fare è di far perdere voti al Pd e aprire la strada a due opzioni: Una, far vincere il centrodestra e inaugurare una nuova stagione di opposizione dura e pura con le bandiere rosse in piazza, riprendendo - e questo è l'obbiettivo, la propria rendita di posizione e l'egemonìa sul centrosinistra. L'altra, ancora più fattibile e quella a cui puntano, reimbarcarsi anche loro nel grande governo di larghe intese da posizioni ovviamente di maggiore forza. L'obbiettivo strategico, l'unica vera ragione di vita, sia in una opzione che nell'altra, è stritolare il Pd renziano.
Con una mano agitare la bandiera dell'antifascismo, con l'altra occupare posizioni.
Di fronte all'eventualità concreta di estinzione il vecchio centro politico rimette le lancette della storia all'indietro e si reinventa un fronte antifascista dove ovviamente loro sono alla testa e detengono l'egemonìa sugli altri, che si devono accodare.
Alla manifestazione contro "razzismi e fascismi" organizzata dall'Anpi, un'associazione che con la resistenza e l'antifascismo ormai c'entra come i cavoli a merenda, una delle tante vecchie cinghie di trasmissione inventate dal Pci per avere l'egemonìa sulla società civile, che il lunedì sfila contro il razzismo e il martedì con chi odia gli ebrei, Renzi in netta difficoltà si ritrova a dover andare e Bersani lo accoglie bonario: "Io sono della vecchia scuola e voglio che in questa piazza non ci sia solo la sinistra e il centrosinistra ma anche tutti i democratici, i liberali, tutto l'arco costituzionale". L'isteria collettiva della base è pari solo al delirio di onnipotenza di chi crede ancora di essere a capo di un partito del 30% e non di un cartellino elettorale del 4%, di chi crede di poter riuscire a fare quello che non è riuscito nemmeno alla "vecchia scuola", ne' a Togliatti, ne' a Berlinguer, riproponendo il vecchio schema politico.
In parole povere, fallito l'assalto al palazzo d'inverno (nel suo caso quel 15% che pensava di poter prendere), il nostro leader maximo D'Alema ora tenta la manovra tattica delle alleanze coi "sinceri democratici", i quali però sottostando ai suoi ricatti morali e ideologici devono di conseguenza sottostare alla sua leadership, mentre sull'altro lato non si rompono i legami ambigui con gli antagonisti.
Ma realisticamente, e lo sanno, quello che possono riuscire a fare è di far perdere voti al Pd e aprire la strada a due opzioni: Una, far vincere il centrodestra e inaugurare una nuova stagione di opposizione dura e pura con le bandiere rosse in piazza, riprendendo - e questo è l'obbiettivo, la propria rendita di posizione e l'egemonìa sul centrosinistra. L'altra, ancora più fattibile e quella a cui puntano, reimbarcarsi anche loro nel grande governo di larghe intese da posizioni ovviamente di maggiore forza. L'obbiettivo strategico, l'unica vera ragione di vita, sia in una opzione che nell'altra, è stritolare il Pd renziano.
Con una mano agitare la bandiera dell'antifascismo, con l'altra occupare posizioni.
venerdì 23 febbraio 2018
Il mare che il Pd ha paura di navigare
Mancano 9 giorni al voto e nessuno può dire come andranno queste elezioni, se è vero che ci sono dieci milioni di indecisi. In questa campagna elettorale inizialmente Il Pd ha cercato di dare un'immagine di sè profondamente diversa da tutte le altre forze politiche. Un'immagine di una forza seria, tranquilla e responsabile che fa delle proposte credibili e ha fatto delle cose di sinistra quando era al governo, in mezzo ad un mare di demagogìa, populismo e irresponsabilità. Negli ultimi giorni però la campagna si è trascinata attraverso una serie di interpretazioni emotive e irrazionali della realtà e dei fatti: Per la destra il Pd è il partito che ha aperto le porte all'invasione degli immigrati, è complice della violenza dei centri sociali e succube dei diktait dell'Europa, mentre per la sinistra massimalista e centrista il Pd è un partito di destra e razzista, che ha abbandonato gli storici valori dell'antifascismo e del cosmopolitismo europeista. E' chiaro che qualcosa non quadra in queste due rappresentazioni opposte, a cui però il partito sembra non riuscire a rifuggire. In particolar modo, i fatti di Macerata e le violenze che ne sono seguite hanno visto il partito democratico prima cercare di dare una immagine di responsabilità nazionale e di condanna di ogni violenza, poi inseguire affannosamente l'antifascismo, che però ben presto si è rivelato non quello dei Matteotti e degli Amendola, ma quello degli autonomi e dei gruppettari. Una bella fregatura per il partito di Renzi, che ha così dato l'idea nell'elettorato moderato di essere ancora il vecchio partito post-togliattiano che prima condanna l'estremismo e poi lo recupera in chiave antiriformista, mentre alla sua sinistra chi lo considerava un partito razzista e di destra continuerà a considerarlo tale. L'impressione è che il Pd sia incastrato in una manovra a tenaglia degli opposti estremismi, fatichi ad uscirne e abbia degli enormi problemi di comunicazione. E' un partito nuovo, ma con ancora tanti retaggi del passato e incrostazioni ideologiche e non ha il coraggio di essere sè stesso. Più orgoglio e meno paura negli ultimi giorni di campagna elettorale potrebbero convincere qualche indeciso, c'è un mare in mezzo ai centri sociali e le Boldrini da una parte e i Salvini e Casa Pound dall'altra, bisogna avere il coraggio di navigarlo.
lunedì 19 febbraio 2018
La congiura del silenzio sul Venezuela
Nel 1956 il rapporto Kruscev sui crimini di Stalin fu un vero e proprio trauma per il mondo comunista. In Italia Togliatti, come un padre antiquato e timoroso, cercò di tenerlo nascosto ai militanti fin che potè, ma la bomba esplose suscitando da una parte una sorta di domanda liberatoria di dibattito, dall'altra un irrigidimento e una reazione di orgoglio e in mezzo un tentativo equilibrista di circoscrivere le criticità, senza intaccare il mito dell'Unione Sovietica, la rappresentazione immaginifica della "patria antifascista dei lavoratori".
Alla fine degli anni '70 la deriva sanguinaria delle brigate rosse suscitò un moto di dissociazione nella sinistra, così come le follìe della rivoluzione culturale cinese, ma già il dibattito sulle cause e una approfondita riflessione veniva ancor meno di quanto fosse stato aperto e chiuso negli anni '50.
Oggi, di fronte allo sfacelo dello stato "del socialismo del ventunesimo secolo", il Venezuela, ne cui confronti tutta la sinistra radicale prima e poi i grillini si sono spesi in una esaltazione acritica, assistiamo a quella che è una totale congiura del silenzio, un muro di gomma e un velo di indifferenza verso la marea di profughi che stanno scappando dal paese, verso un popolo alla fame e gli oppositori incarcerati solo per le loro opinioni. Non c'è, ne' una difesa a oltranza e orgogliosa di un regime che si è esaltato fino a ieri, a parte un paio di eccezioni, cosa che avrebbe un suo senso, ne' una riflessione, un dibattito, nemmeno un tentativo di contestualizzare, ma il puro e semplice silenzio di chi fa finta di niente.
Che dicono i Vendola, i Ferrero, i Fratoianni, le Boldrini addolorate, le Mogherini velate sulla strage umanitaria? Tutto questo mondo di democristiani di estrema sinistra oppone una narcotizzante indifferenza di occidentali snob e annoiati che passano da un mito esotico all'altro. Bertinotti in agosto aveva promesso un suo saggio sul Venezuela, di cui non si trovano tracce.
Le responsabilità di questa coltre sono anche delle altre forze politiche, la destra populista e antiamericanista ha subìto un uguale fascìno nei confronti dell'uomo forte Chavez, persino la destra che si presume moderata ha avuto rapporti bilaterali con la dittatura, mentre la sinistra riformista, l'unica ad avere sempre avuto una posizione critica, non sfruttando l'occasione di attaccare sul tema dimostra la sua atavica e storica subalternità verso le sinistre massimaliste e centriste, che mantengono l'egemonìa sul campo.
Alla fine degli anni '70 la deriva sanguinaria delle brigate rosse suscitò un moto di dissociazione nella sinistra, così come le follìe della rivoluzione culturale cinese, ma già il dibattito sulle cause e una approfondita riflessione veniva ancor meno di quanto fosse stato aperto e chiuso negli anni '50.
Oggi, di fronte allo sfacelo dello stato "del socialismo del ventunesimo secolo", il Venezuela, ne cui confronti tutta la sinistra radicale prima e poi i grillini si sono spesi in una esaltazione acritica, assistiamo a quella che è una totale congiura del silenzio, un muro di gomma e un velo di indifferenza verso la marea di profughi che stanno scappando dal paese, verso un popolo alla fame e gli oppositori incarcerati solo per le loro opinioni. Non c'è, ne' una difesa a oltranza e orgogliosa di un regime che si è esaltato fino a ieri, a parte un paio di eccezioni, cosa che avrebbe un suo senso, ne' una riflessione, un dibattito, nemmeno un tentativo di contestualizzare, ma il puro e semplice silenzio di chi fa finta di niente.
Che dicono i Vendola, i Ferrero, i Fratoianni, le Boldrini addolorate, le Mogherini velate sulla strage umanitaria? Tutto questo mondo di democristiani di estrema sinistra oppone una narcotizzante indifferenza di occidentali snob e annoiati che passano da un mito esotico all'altro. Bertinotti in agosto aveva promesso un suo saggio sul Venezuela, di cui non si trovano tracce.
Le responsabilità di questa coltre sono anche delle altre forze politiche, la destra populista e antiamericanista ha subìto un uguale fascìno nei confronti dell'uomo forte Chavez, persino la destra che si presume moderata ha avuto rapporti bilaterali con la dittatura, mentre la sinistra riformista, l'unica ad avere sempre avuto una posizione critica, non sfruttando l'occasione di attaccare sul tema dimostra la sua atavica e storica subalternità verso le sinistre massimaliste e centriste, che mantengono l'egemonìa sul campo.
venerdì 16 febbraio 2018
Gli antifascismi e i fatti di Macerata
L'Italia nel corso del '900 è stata attraversata da tre guerre civili, una negli anni '20, una negli anni '40 e una negli anni '70. Bene ha fatto Renzi dopo i fatti di Macerata a richiamare alla responsabilità di tutti per non ricadere negli errori del passato. Ma questo non a tutti è piaciuto. Si è chiamato in causa l'antifascismo, inteso come valore morale. Ma quale antifascismo? Ne è esistito uno della prima ora, che non era rosso e comunista, ma riformista e vide in Matteotti il suo esponente principale. Ne è esistito uno patriottico, che ha contribuito a liberare l'Italia dall'occupazione tedesca, ma ne esiste (e persiste) anche uno tattico, strumentale, egemone, ma anche uno tradito, gruppettaro, classista. Questi ultimi sono scesi in piazza a Macerata e in varie città dando vita a scontri e linciaggi di poliziotti. Davvero la Bonino pensa che doveva esserci anche il Pd? Personalmente so cos'è l'antifascismo e non lo confondo con l'anticapitalismo e ormai col tempo ho imparato a riconoscere le strumentalizzazioni e come si occupano spazi politici in nome di esse e, come c'è chi ha sempre fatto dell'appropriazione un elemento di influenza.
mercoledì 14 febbraio 2018
Popoli e libertà
La voglia di libertà è un sentimento umano universale insopprimibile che nessun egualitarismo e nessuna versione ottusa del nazionalismo potrà cancellare. La Russia è un paese dove i reduci della seconda guerra mondiale non hanno avuto nemmeno la pensione, dove i lavoratori non hanno mai avuto nessun diritto, ne' sotto l'Unione Sovietica ne' sotto il nuovo impero di Putin. La gente vive ancora negli appartamenti sovietici, con i bagni in comune. I popoli russi, venezuelani, iraniani, curdi, iniziano a ribellarsi. Next stop Cina.
https://www.youtube.com/watch?v=ShSTXVzf-9o&feature=player_embedded
martedì 13 febbraio 2018
La larghe intonse
Questa campagna elettorale non infiamma i cuori perchè tutto sembra già deciso. Qualunque risultato farà il Pd, Renzi comunque dovrà farsi da parte perchè così è stato deciso. Perchè è antipatico. E' già pronto un bel governo con l'ottantenne statista per vocazione e il settantenne statista di professione ed enologo di qualità nel tempo libero in cabìna di regìa. Poi Dormiglioni confermato alla presidenza, Stramaroni al ministero dell'interno, la geisha del compianto Pannella agli esteri a braccetto con iraniani ed Erdogan, poi dobbiamo trovare un posticino fisso al Checco Zalone grillino, quindi dare la cuccetta di camera e senato al gonzo di Piacenza, alla vergine Letta, l'economia al professor Brunetta, mentre Suor maestrina ovviamente andrà alle pari opportunità. Il nazibolscevico padano e la camerata Prosciuttoni Caramelloni? Se vogliono ci sarà posto per tutti nel nuovo governo di salvezza nazionale, ovviamente tutti tranne che per quell'arrogante, amico delle banche e assetato di poltrone di Firenze.
mercoledì 7 febbraio 2018
Di Battista dà dei rincoglioniti agli italiani
Per Di Battista gli italiani "sono rincoglioniti". Il problema è che si trovava ad un comizio dei 5 stelle e c'erano quattro gatti e quindi gli italiani sono rincoglioniti. Il problema è che stanno subodorando l'aria che non prenderanno la barca di voti che dicono i sondaggi e allora italiani pecore, servi del sistema, detto da una setta di fanatici che venera un comico ignorante, non si vaccina, crede a tutte le bufale su internet, e ora ad un mediocre opportunista. Il problema dei grillini è questo, se una cosa del genere l'avesse detta Renzi, Berlusconi, Salvini o la Boldrini, apriti cielo, avrebbero fatto fuoco e fiamme sul popolo sovrano offeso dalla casta e dai radical chic, invece se lo dice Di Battista, questo figlio di un fascista con la maglietta di Che Guevara, è cosa giusta e buona e il problema è proprio questo, questo mezzo snobismo e mezzo populismo, questa spocchia avanguardista da leninisti senza aver ma letto un libro di Lenin e questo mezzo populismo da leghisti, questi sono i grillini. Ignoranti, incompetenti e pure presuntuosi.
Il beffardo destino di chi irrideva i dinosauri
La base di LeU appare come quella di una sinistra poser che negli anni 90-2000 trovava cool presentarsi come moderna, riformista, postideologica, liberale, irridendo la sinistra "vetero" rimasta fedele alla falce e martello, ma negli anni 10 è stata travolta dall'ondata populista, decidendo così di rispolverare dalla soffitta l'egualitarismo e l'utopismo, senza però riuscire ad esercitare alcuna egemonìa sul grillismo e anzi finendo per esserne una stampella strumentale in chiave antirenziana, ma finendo anche con l'andare a ricalcare il terreno e l'angolo angusto che era proprio di rifondazione e dei comunisti italiani. Il beffardo destino di chi irrideva i "dinosauri" e ora si trova nello stesso scomodo ruolo di dinosauro in via d'estinzione. Il ceto politico che ne regge le sorti è lo stesso che nei decenni precedenti ha provato a cavalcare l'onda liberale presentandosi all'establishment come sinistra affidabile e responsabile, mentre ora prova a cavalcare la tigre populista scommettendo sul sovversivismo delle classi dirigenti, sulle bastonate ai ceti medi e sull'alleanza in chiave assistenzialista e demagogica tra chi sta più in alto con chi occupa l'ultimo gradino sociale. Un ceto politico composto da figli e nipotini di Ingrao, che ne ripercorrono lo stesso opportunismo ammantato di grandi ideali lunari e malpanciste sofferenze, lo stesso utilizzo strumentale di ceti e generi (ieri gli operai, oggi le donne e gli immigrati), la stessa ossessione anticapitalistica. Una fusione a freddo tra d'alemiani e vendoliani, che mette insieme gli aspetti peggiori del centrismo togliattiano con le verbose elucubrazioni della Nuova (ormai vecchia) sinistra, e con un magistrato come leader. Chi può votare un acrocchio del genere? Non certo i ceti medi, verso i quali questa sinistra nutre un disprezzo profondo (ricambiato) e a cui farebbe fare la stessa fine dei Kulaki, ma nemmeno i ceti popolari spaventati dall'immigrazione e infastiditi (a dir poco) dalle lezioncine di suor maestrina Boldrini. Il voto arriverà dagli studenti universitari, qualche professore universitario e qualche professionista e manager barricadero. E non si sa chi altro.
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