Pagine

lunedì 10 giugno 2019

La nuova guerra della sinistra contro il mondo reale

Il nuovo schema della sinistra-sinistra è oggi ripetuto a macchinetta. Dopo l'ennesima sconfitta, arriva il momento dell'autocritica, che da sempre serve in realtà a rovesciare strumentalmente le responsabilità sui riformisti e i centristi, imputando a sè stessi al massimo qualche errore di comunicazione.

Ma vediamo il nuovo schema: Il liberalismo e la globalizzazione producono diseguaglianze, le diseguaglianze generano insicurezza, quindi paura che sfociano nel razzismo e nell'odio verso il diverso e i migranti. Quindi in ultima analisi, è tutta colpa dei liberali. La facile soluzione: Abbandoniamo la stagione dei Blair, dei Clinton e dei Renzi e torniamo a fare i socialcomunisti tout court cavalcando la tigre populista e dirottandola dalla nostra parte, et voilà, torneranno gli anni ruggenti.

La realtà, bontà sua, è un po' più complessa, la globalizzazione stessa è qualcosa di più complesso e chiama in causa un paese chiamato Cina, che è per nulla liberale e molto comunista. Le diseguaglianze nascono dalla concorrenza (sleale) della Cina e dalle delocalizzazioni delle aziende occidentali, non dal libberismo o dal liberalismo, ma da una dialettica sbagliata tra Occidente e Oriente. Il "segreto" della vittoria di Trump tra i ceti medi e operai nasce proprio dall'aver denunciato l'appeasement del mondo in generale liberale  - nel senso ampio del termine e non in senso stretto liberista, ma anche quello di sinistra - nei confronti del comunismo cinese, dove peraltro liberal negli Usa significa sinistra socialista. 

L'illusione meccanicistica che introdurre il capitalismo nella struttura economica del paese orientale avrebbe automaticamente trasformato le sovrastrutture politiche e culturali di quel paese in liberaldemocratiche o in una sorta di socialdemocrazia si è scontrata con la realtà, dove, come avevano capito Lenin e Gramsci, le sovrastrutture possono essere autonome e più potenti della struttura economica, a differenza del credo dell'economia classica anglosassone, a cui invece Marx faceva maggiore riferimento.

D'altra parte questo ci dice anche non c'è un nesso diretto tra democrazia, libertà e capitalismo, ma è frutto di un lavoro politico, culturale, quotidiano proprio del genio umano e soggettivo, perchè la politica è l'arte dell'equilibrio e non delle contrapposizioni schematiche, degli automatismi meccanicistici e deterministici o delle crociate ideologiche.

Il sovranismo di Trump altri non è aver detto la verità, cioè che la lotta tra stati e la geopolitica non è mai morta con la globalizzazione, che a sua volta è una cosa articolata. La guerra della sinistra contro Trump non è la nuova resistenza contro il nazismo, ma è la solita guerra contro la realtà e il mondo reale che dagli anni '70 la sinistra, sempre più estranea al mondo produttivo e ai processi storici, porta avanti. Trump ovviamente può sbagliare, la sua tattica e la sua strategìa possono essere sbagliate, solo la storia e l'esperienza lo diranno, che poi sia antipatico o simpatico è questione di gusti personali e tifoserìe ultrà, ma lo scontro non è più tra destra e sinistra, ma tra mondo reale e mondo ideologico, tra chi si capisce da che parte sta e chi non si capisce da che parte sta o sogna di resuscitare l'imperialismo europeo.

Va da sè che il tema fuorviante delle "diseguglianze" è ampiamente soppravalutato, il vero motivo della vittoria di Trump in America e dei sovranisti-populisti in Europa è quello dell'immigrazione, o meglio è frutto di una risposta dei ceti medi e del popolo rispetto a chi dice che "non ci deve essere un limite all'accoglienza", a chi giustifica, se non alimenta, l'immigrazione clandestina, a chi pretende che le nazioni, i popoli, i territori e le comunità vadano aboliti in nome di un universalismo astratto.


Nessun commento:

Posta un commento