Dopo la debacle elettorale del 2008, Rifondazione comunista si ritrovò a interrogarsi sulle cause della sconfitta, l'analisi che ne fu fatta determinò ulteriori e ben peggiori sconfitte, portando il partito della rifondazione comunista sull'orlo della scomparsa.
La sinistra sociale, rappresentata da Paolo Ferrero, diagnosticò che si era stati troppo da Bruno Vespa e troppo poco nelle periferie. La colpa era del segretario Fausto Bertinotti, che aveva fatto un partito mediatico e non intriso nel tessuto sociale della sofferenza. Per inciso, Paolo Ferrero era stato un ministro del governo di centrosinistra, era stato un bertinottiano; non ricorda in tutto ciò Martina, ministro del governo Renzi che con aria da parroco di campagna oggi certifica il bisogno del Pd di ritornare nelle periferie con il capo cosparso di cenere? Ma in Rifondazione il rifugio nel movimentismo, nell'associazionismo e in iniziative volontaristiche di volontariato non si produssero in risultati elettorali, anzi il movimento interno denominato proprio "sinistra sociale" vide alla fine confluire molti suoi elementi direttamente e letteralmente nella destra sociale e non certo per caso.
Inutile davvero dire che l'attuale "governo del popolo" sta congelando il meno lacrimoso ma ben più concreto Piano Periferie messo appunto dal governo Renzi nel più totale silenzio mediatico, 1,6 miliardi per progetti edilizi e culturali che avrebbero dovuto partire nel 2019 riqualificando le zone più difficili d'Italia, inoltre si prepara ad abolire gli 80 euro per i lavoratori, quella cosa che fu definita "televendita" e "mancia elettorale" dai populisti e dalla "vera sinistra".
Ma torniamo al nostro viaggio dentro la sinistra, al congresso del 2008 c'era poi la sinistra identitaria, quella della falce e martello, quella del rifondiamo il PCI, quella del L'unione Sovietica e la storia non si tocca, quella conservatrice nel senso non deteriore del termine al quale io appartenevo. Era in realtà una opzione minoritaria ma come spesso capita alle opzioni minoritarie era anche l'ago della bilancia nello scontro tra sinistra modernista e sinistra sociale. E decise di schierarsi con la sinistra sociale, determinandone la vittoria al congresso, che vide l'elezione a segretario di Paolo Ferrero, ma per poi venire marginalizzata. Oggi nel Pd la sinistra identitaria è rappresentata da Orfini e dagli ex giovani turchi, in grado di capire a differenza della sinistra sociale che il populismo dei grillini è antisinistra e non è "compagni che sbagliano" o peggio "compagni traditi dalla sinistra", ma incapaci poi di fare quella scelta di campo a favore della sinistra modernista a causa una tendenza antiliberale di fondo irrisolta, tipica di quel marxismo indeciso se governare la modernità o esserne la leva che la sconfigge.
Ed eccoci alla sinistra modernista, al congresso di Chianciano era rappresentata da Nichi Vendola, quindi in un partito strutturalmente identitario-sociale non poteva che proporre una idea di sinistra modernista che in realtà fosse in fondo funzionale alla soppravvivenza della sinistra identitario-sociale, come il posteriore antirenzismo di Vendola ha certificato, anche se questo non veniva capito dai rivali di partito, mentre in un partito come il Pd, la proposta modernista può collocarsi in un'idea di governo della modernità, anzichè rovesciamento dialettico della modernità secondo la tradizione marxista.
Ma in cosa consiste la sinistra modernista? In sostanza nell'unione tra le idee libertario-liberal-liberiste e quelle socialiste, laddove il liberalismo puro non va identificato come destra, che invece è meglio rappresentata da un comunitarismo senza libertà che paradossalmente viene spesso identificato come"sinistra", ma come una sinistra anarchica convinta nell'autoregolamentazione del mercato e della democrazia. La sinistra moderna è però una sinistra che invece conosce bene i limiti della democrazia pura e diretta e del mercato puro, sapendo che la democrazia pura e diretta porta alla tirannìa dell'hitlerismo, del mussolinismo e dello stalinismo, che il mercato puro porta ai trust e ai monopoli, e sa, senza abolirli o soffocarli, governarli. Ma è anche una sinistra che non propone rotture rivoluzionarie verso le età intermedie per un ritorno ad un primitivismo tribale o a un universalismo assolutista, ma è consapevole dell'evoluzione che la storia comporta, degli elementi laici che si possono ravvisare nella tradizione giudaico-cristiana e al contrario del fondamentalismo e dell'intolleranza che al contrario l'ateismo può scatenare.
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