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domenica 20 marzo 2016
Una cosa divertente della Trumpfobia
La cosa divertente della Trumpfobia, quel clima di isteria e terrore che dilaga tra i fighetti all'approssimarsi di una eventuale elezione a presidente degli Usa dell'imprenditore newyorchese Donald Trump, è che da quel poco che si intuisce dalla confusa linea politica del candidato repubblicano traspare che non sarebbe molto diversa da quella di Obama o da quella di Bernie Sanders. Sia il negro snob amato dai bianchi, sia l'immarcescibile socialista tronfio della sua quarantennale imbecille coerenza, sono per un disimpegno degli Usa in politica estera, e lo stesso sembra proporre il miliardario amato dagli operai, che lascerebbe campo libero a Putin come ha fatto il fratello mussulmano e come farebbe il compagno Bernie. Tutti e tre sono facce diverse del neo-isolazionismo che sembrava essere stato sepolto dall'interventismo antifascista di Roosvelt, che liberò l'Europa dal nazifascismo, e dei Bush, che liberarono l'Iraq dal regime islamico-nazista di Saddam Hussein, che Trump invece sembrerebbe ammirare. Ma il neo-isolazionismo ha scavato a lungo e trae le sue origini dalla storiografia "revisionista" che alla fine degli anni '60 prese piede nei campus statiunitensi e che diede linfa alle battaglie pacifiste contro l'intervento americano in Vietnam. Questa storiografia, di cui Noam Chomsky era uno dei più noti esponenti, attaccò duramente l'intervento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, e fu da più parti accusata di essere una quinta colonna del totalitarismo in America. In effetti, questi storici accusavano gli Usa di essere entrati in guerra per motivi unicamente economico-imperialisti (le stesse argomentazioni dei pacifisti contemporanei) e equiparavano gli Usa alla Germania nazista o all'Urss. Ma questa apparente equidistanza creava un meccanismo di giustificazione dei totalitarismi - più coerenti e veri - e di repellenza verso gli Usa - ipocriti e finti - secondo la legge che l'originale è meglio della fotocopia. Alla luce di ciò, la differenza tra Trump, Obama e Sanders, appare quindi puramente antropologica, quasi estetica, ma l'unica differenza sostanziale sembrerebbe sul tema dell'immigrazione, contrario il primo, favorevoli i secondi. Il fenomeno Donald Trump sarebbe dunque un fenomeno epocale che esula dalle questioni politiche, di destra o di sinistra, ma che ci dice che la gente si è rotta i coglioni di farsi dare dei razzisti da benpensanti politicamente corretti solo perchè osa dire che gli immigrati sono troppi, si è rotta i coglioni di farsi dare degli omofobi solo perchè è contraria alle adozioni gay, si è rotta i coglioni di farsi dare dei sessisti solo perchè dice che maschi e femmine non sono la stessa cosa. In generale la gente si è rotta i coglioni e le elites prenderanno l'ennesima tranvata sui denti in cabina elettorale.
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