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venerdì 25 marzo 2016

La natura di sinistra dell'antisemitismo

In un precedente articolo ho affrontato il tema dell'elemento nazionalista nella sinistra e più in generale nei movimenti antifascisti, ora affronterò il tema degli elementi socialisti nei movimenti nazifascisti. Una storiografia schematicamente marxista ha sempre relegato il fascismo nell'ambito dei movimenti di destra o di estrema destra, negando che vi fossero elementi di sinistra nel fascismo. Nonostante ciò Mussolini era stato un esponente di spicco del partito Socialista prima di fondare i fasci e si dichiarò socialista e rivoluzionario fino ai suoi ultimi giorni. Anche Hitler definì il suo movimento nazional-socialista, ma questa storiografia ha sempre considerato totalmente nazionalisti questi movimenti, accollando in toto all'ideologia nazionalista i crimini e le responsabilità del totalitarismo e liquidando come propagandistiche e finzioni demagogiche le asserzioni, le misure e le spinte in senso socialista e sopratutto anticapitalista di questi movimenti. Queste tesi vennero riviste da Togliatti e Gramsci, che però non andarono oltre la definizione di fascismo come regime reazionario di massa e in seguito da Amendola, che parlò apertamente di fascismo rosso. Ma nonostante si trattasse di leaders comunisti importantissimi, a sinistra ha sempre prevalso l'idea del fascismo come movimento di destra in senso strettamente conservatore e filocapitalista, cosa che non era. Questa disconoscenza di un fatto storico dalla chiara evidenza, o che veniva ricondotto al massimo nel campo di quello che Marx definiva socialismo reazionario, non teneva conto del fatto che nella realtà il movimento anticapitalista ha sempre mischiato insieme elementi progressivi con elementi antimoderni e non vi era una chiara distinzione tra socialismo progressista e socialismo reazionario, che nel movimento reale, rispetto ai testi, convivevano insieme. Lo stesso odio antiebraico era inteso come un risvolto dell'anticapitalismo, perchè l'ebreo veniva sempre identificato come il banchiere, lo speculatore, il ricco che ingrassa sulle spalle del popolo e non solo il senza patria, il cosmopolita. Non a caso il leader socialdemocratico Bebel definì l'antisemitismo il socialismo degli imbecilli, definizione ripresa pare da Lenin. Non è nemmeno un caso che i primi negazionisti dell'olocausto fossero trotzkisti e bordighisti, che consideravano fascismo e antifascismo due facce della stessa medaglia capitalistica e perciò aborrivano la partecipazione dei comunisti al campo antifascista e negando lo sterminio degli ebrei volevano da un lato delegittimare l'intervento alleato, dall'altro l'immagine dell'esercito stalinista come liberatore e sopratutto stigmatizzare l'alleanza tra forze comuniste e liberali contro il fascismo, ma sopratutto riprendevano in mano l'odio verso gli ebrei come espressione superficiale, ma anche radicata, dell'anticapitalismo. L'intreccio tra antisemitismo e anticapitalismo ha quindi una radice profonda, che risale già all'800 e che fu già discussa a suo tempo, quando alcuni leaders socialisti e comunisti, come già detto, definirono l'antisemitismo il socialismo degli imbecilli, ma proprio per denunciare la natura ahiloro di sinistra dell'antisemitismo, ma dove anche la questione ebraica veniva liquidata come superstizione religiosa e l'antisemitismo si rivestiva anche di anticlericalismo e ateismo. Si tratta però di questioni su cui la sinistra non ha mai fatto realmente i conti o che ha cancellato col tempo e anche per questo oggi il dilagare dell'antisemitismo a sinistra si nasconde ancora dietro il paravento dell'antisionismo (cioè di una forma di antinazionalismo) o dell'anticlericalismo. Ma come si vede l'antisemitismo è stato già socialista, poi nazista, poi trotskista, ma anche stalinista - quando Stalin, dopo aver appoggiato la nascita di Israele diventò ferocemente antiisraeliano dal momento che il nascente stato ebraico rifiutò di sottomettersi all'Urss - ma sempre con un filo conduttore, che è quello dell'anticapitalismo. Oggi la sinistra rifiuta di ammettere che esista un antisemitismo di sinistra, o sarebbe meglio dire una natura di sinistra dell'antisemitismo, non ammette inoltre che i crimini del nazifascismo non siano da imputare solo al nazionalismo, ma anzi in misura maggiore agli elementi anticapitalistici del totalitarismo. Eppure si tratta di una sinistra che si presenta come moderna, anzi postmoderna, che ha condannato lo stalinismo (ma non il trotskismo), che ha abiurato il comunismo per dichiararsi riformista, ma anche post-comunista radicale, pacifista e non-violenta. In realtà si tratta di una sinistra che ha invece cancellato gli aspetti proprio meno piatti e più maturi del marxismo e delle culture affini, ma ha mantenuto l'odio per il mercato, per l'occidente e, non da ultimo, l'odio per gli ebrei. Alla natura universale della democrazia che Berlinguer coraggiosamente sancì sfidando il politburo sovietico, preferisce un terzomondismo che accetta le tirannìe e le dittature in nome di un relativismo multiculturale a senso unico, alla peculiarità dei popoli che Gramsci e Togliatti individuarono come strada maestra verso il socialismo, oppone un disprezzo antropologico verso il proprio popolo e un'esaltazione acritica di leaders e dei movimenti della sinistra di altri paesi, allo sviluppo delle forze produttive ha sostituito una decrescita primitivista, alla presa d'atto di ogni comunista che ha fatto l'esperienza storica del governo, da Lenin a Stalin, da Deng Xiaoping a Raul Castro, e cioè che senza mercato non c'è sviluppo e il socialismo sopravvive solo se è di mercato, ripropone un antimercatismo e un antiliberismo ideologico, alla battaglia contro la povertà preferisce la battaglia pauperista contro i ricchi. Non si tratta qui di rivalutare un marxismo, che può rivivere solo come ala sinistra del liberalismo, ma di capire come la sinistra postcomunista o neomarxista, ma anche quella pseudo riformista, ha fatto un passo regressivo e non progressivo, rifiutando di diventare liberale e ritornando massimalista e pseudoprogressista, quando in realtà reazionaria.

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