Pagine

venerdì 6 ottobre 2017

La rottura Pisapia-D'Alema nasce da un paradosso, a differenza di quanto dice Cazzullo

Da tempo mi chiedevo come Pisapia avrebbe spiegato ai suoi elettori l'alleanza con D'Alema e viceversa come D'Alema avrebbe spiegato ai suoi elettori (se ancor ne ha) l'alleanza con Pisapia. Alla fine è arrivata la frattura tra i due, con Pisapia a chiedere a Dalemmah un passo di lato, modo di dire gentile che il rozzo "populista" Renzi avrebbe configurato sotto forma di rottamazione, ma la sostanza è la stessa. Eppure i due sono coetanei, ma così diversi, che davvero pareva difficile questo sodalizio. Ma in cosa sono diversi? Non mi convince il ritratto di Cazzullo fatto sul corriere, dove da una parte c'è il movimentista No War Pisapia e dall'altra il figlio del partito D'alema con le mani sporche della guerra in Kosovo, figlio di partigiani, ma sopratutto pupillo di Togliatti ed erede di Berlinguer. Quello che è andato in scena non è uno scontro secondo uno schema del genere, ma un incrocio, quindi un paradosso, come meglio ritratto sul Foglio. Da una parte quello che sarà anche "il figlio del partito", ma che in realtà da tempo si comporta come l'ultimo dei gruppettari, come un frazionista antipartito, un provocatore trotskista o una canaglia bordighiana, come si sarebbe detto un tempo, dall'altra il movimentista Pisapia che da tempo ha assunto i modi pacati di un Berlinguer e il realismo di buon senso di un Togliatti. Questa strana coppia, secondo i sondaggi non fa faville. Il comportamento di Pisapia forse è ancora da decifrare, D'alema a suo discolpa potrebbe ricordare che Togliatti in gioventù fu un bordighiano e in seguito si attenne alle svolta antibuchariniana di Stalin, lui considerato il Bucharin italiano, senza batter ciglio.

Nessun commento:

Posta un commento