L'antirazzismo è una battaglia nobile se non ha secondi fini o se non è razzismo alla rovescia. Sul secondo si è già detto abbastanza e ormai quasi tutti lo sanno riconoscere, a parte i finti ciechi. Ma è importante soffermarsi anche sul primo, l'antirazzismo carrierista, quello che serve ad acquisire potere, soldi, facendo leva sul senso di colpa storico dei bianchi o sull'egualitarismo ideologico. Tipico esempio è quello dei giocatori neri di basket e football americano, ma ora anche calciatori europei, che si atteggiano a vittime di un'inesistente discriminazione nei loro confronti per scalare posti di potere politici e mediatici, così come anche l'antisessismo carrierista,che facendo leva sullo stesso meccanismo alimenta la carriera politica e mediatica di donne incompetenti e prive di qualità. Fateci caso, queste persone, uomini neri o donne, non hanno nulla da proporre o da dire se non quello di presentarsi come vittime, non hanno soluzioni per i problemi economici e sociali, non hanno una identità sociale, non hanno cultura, la loro unica forza è il vittimismo aggressivo con cui vogliono zittire ogni voce dissenziente alla loro scalata al potere in quanto tale. Fermarli e combatterli è un diritto democratico e liberale.
Sia chiaro, le ambizioni personali, individuali, non sono un delitto, anzi, ma l'ipocrisia sta nel nasconderle dietro una politica socialisteggiante, collettivista ed egualitarista.
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