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sabato 23 marzo 2019

Tra Obama e Trump, l'America deve trovare la soluzione

Il governo 5 stelle-Lega è pieno di contraddizioni, ma non sono quelle che immagina Zingaretti. L'enorme contraddizione non è insita nel partito di Casaleggio, ma in quello di Salvini. La turnè in Italia di Steve Bannon chiarisce le sfumature del populismo. L'ex ideologo di Trump non è affatto quel neonazista e seguace del Klu Klux Clan che dipingono. La sua posizione è invece apertamente prooccidentale e anticinese, certo, il suo punto debole è la mancanza di proposta, il suo attacco distruttivo all'Unione Europea, ma le questioni che pone sono reali: il tema dell'immigrazione incontrollata, il radicalismo islamico, i monopoli, lo sfruttamento delle nuove generazioni, dei lavoratori, seppur poste in maniera grossolana e manichea e senza soluzioni, puntando ai target sbagliati.

Allora è l'America che deve trovare un punto di contatto e uscire dalle divisioni in cui è caduta. Affrontare la minaccia cinese può voler dire, come pensa Trump, staccare il fasciocomunista Putin dal regime imperialcomunista cinese, a costo di inimicarsi l'Europa, oppure come pensava Obama ammansendo il nuovo impero orientale, facendo la guerra a Putin e tenendo buona l'Europa? Il giusto equilibrio va trovato. Ma poi, da che parte sta l'Europa nello scontro Cina-Usa?

In Italia l'esperimento populista sta franando, ma non è ai delusi dai 5 stelle che bisogna parlare, che poi sarebbero i No Tav, i No Tap, gli utopisti esaltati dell'immigrazione senza regole, ma al mondo produttivo deluso da Salvini, il quale appunto si è messo in mano al nuovo clientelismo democristiano a 5 stelle, a chi vuole farci colonizzare dalla Cina, a chi sostiene il dittatore Maduro, a chi non vuole i treni, le trivelle, i gasdotti, i vaccini, lo sviluppo delle forze produttive, in una parola il progresso, la modernità, cioè quello che un tempo era la bandiera della sinistra. Come può Salvini accettare tutto ciò e tenere i piedi in due scarpe?

Come vedete le categorie di destra e sinistra nel senso tardonovecentesco e bobbiano dei termini non hanno alcun significato in una analisi del genere, oggi stiamo entrando nel ventunesimo secolo e nei prossimi mesi le cose si delineereanno sempre di più.

martedì 19 marzo 2019

gli sfigati di destra

Sfigati o fighetti? Gli ultimi 30 anni ci hanno detto che lo sfigato è di sinistra, il fighetto è di destra, ma forse le cose stanno cambiando o rimescolando. Succede, lo abbiamo visto tutti, che un leader "fighetto" come Renzi ha conquistato la sinistra, anche se sembra che ora ci sia un riflusso e una revenge degli sfigati di sinistra, ma dall'altra parte assistiamo alla inedita nascita degli sfigati di destra.. Pensate a Mario Giordano e a tutta quella destra che ribalta la questione e denuncia di essere discriminata dal razzismo antropologico di sinistra. Robert Hughes scrisse 30 anni fa "la cultura del piagnisteo", manifesto contro il politicamente corretto, cioè contro il vittimismo delle presunte minoranze di sinistra, ma se anche il politicamente scorretto inizia a lamentare di essere discriminato, di essere una minoranza, allora non è più politicamente scorretto, ma una nuova forma di politicamente coretto di destra, i nuovi sfigati con la vocina di Mario Giordano. Allora che succede, sta trionfando il politically correct di sinistra da una parte e il politically correct di destra dall'altra, è il trionfio degli sfigati, dei disadattati, dei Floris e dei Mario Giordano., delle Annunziata e dei Porro. Che sfiga.

venerdì 15 marzo 2019

Quell'amore pieno d'odio

Avere un ideale è una bella cosa se non diventa un millenarismo totalizzante, se dietro la maschera della solidarietà, della difesa dell'ambiente e dei diritti di genere non si nasconde un fanatismo rancoroso, se dietro la causa della salvezza del pianeta non si cela l'odio per il genere umano e dietro l'amore per l'umanità intera non si nasconde l'odio per una parte di esso, per la diversità e il particolare, se dietro il rispetto per le tradizioni e la nostalgìa del passato non si nasconde l'odio per la modernità, se dietro la causa della giustizia non si nasconde l'odio per la libertà.

domenica 3 marzo 2019

Centro e centrismi

C'è centrismo e centrismo. Un conto è il centrismo togliattiano, che teneva insieme Amendola e Secchia, un conto è il centrismo d'alemiano, che tiene insieme le brigate rosse e Prodi. Ne riparleremo.

Vengo anch'io no tu no

Il discorso di Zingaretti neoeletto segretario del Pd è stato un discorso molto impegnativo. Zingaretti apre a tutti, ai dissidenti dei 5 stelle, agli scissionisti, ma anche ai moderati. Apertura ai giovani, agli anziani, ai disoccupati, ai piccoli imprenditori, allo sviluppo economico e alla redistribuzione della ricchezza. Come tenere insieme tutte queste cose sarà compito del neosegretario, al di fuori della retorica, ma in maniera concreta. Ma come cantava Jannacci, il discorso di Zingaretti è stato come nella canzone del cantautore meneghino, "vengo anch'io, no tu no". "Venite tutti", ha scandito l'ex governatore del Lazio, tranne ovviamente uno, Matteo Renzi. La quantità di stoccate velenose e ingenerose verso l'ex segretario non si contano, da "basta col partito chiuso nelle stanze del potere", a "basta con i politicismi, con chi stai con chi", al "basta demonizzare la nostra storia", allo slogan "unità e cambiamento", che dice tutto, unità con tutti e cambiamento con la storia recente, unità tranne che con Renzi. Tutto bello, peccato che Renzi non sia l'uomo solo al comando, ma uno che ha un popolo, una base dietro, uno che da anni riempie piazze e teatri. Allora, non è tanto il disprezzo per Renzi, tanto per i suoi elettori che fa riflettere. Zingaretti apre a tutti, ai delusi dei 5 stelle, del Pd, di Forza Italia, tranne che i renziani. Zingaretti parla a chi non ha votato il Pd il 4 marzo, e va benissimo, un po' di gratidudine verso quel 18% di cittadini che il 4 marzo 2018 ha votato Pd non sarebbe stato male. Tanti auguri.

venerdì 1 marzo 2019

Partito, leader, ideologia e agenda politica

La moda del momento sembra essere quella di riscoprire l'ideologia, il progetto, a discapito del leader e della tematica qualificante, ma le due cose non si escludono e non si sono mai escluse, le cose sono più complesse. Chi 25 anni fa inneggiava manicheisticamente al partito liquido oggi riscopre la solidità, ma un partito che era "ideologico" come il Pci non ha mai allo stesso tempo escluso l'importanza del leader e dei temi qualificanti. Collocazione politica e geopolitica da una parte e centralismo democratico dall'altra sono sempre andate insieme, progetto e lealtà al segretario si sono sempre saldate, se le si divide saltellando da una parte all'altra si crea una politica debole, succube degli intellettuali, dei movimentisti, dei sindacalisti o di chi quant'altro.