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lunedì 15 gennaio 2018

La strategia di Togliatti per il potere/2

D'altra parte va considerato quanto Togliatti diceva nelle sue lezioni sul fascismo redatte a Mosca nel 1928 riguardo ai ceti medi. Per il Migliore le classi intermedie non erano in grado di esprimere una ideologia autonoma, ma vivevano una perenne contraddizione quasi schizofrenica destinata ad essere strumento di una delle due classi in lotta, il capitalismo finanziario e il proletariato. Si tratta della classica teoria marxista sui ceti medi e se il segretario del Pci non aveva cambiato idea nel corso degli anni, questo chiarisce i termini in cui doveva svilupparsi l'alleanza tra classe operaia e ceti medi che prefigurava al termine della seconda guerra mondiale e come in un certo senso si concretizzò nelle "democrazie popolari" dell'est. Curioso come negli anni '70 sarà proprio un comunista dissidente come Terracini a ribaltare questa linea politica opponendosi allo sviluppo berlingueriano del percorso togliattiano, cioè il compromesso storico, sostenendo che la democrazia cristiana era ormai espressione del capitale finanziario e non più dei ceti medi che erano al più la base sociale della Dc, sostanzialmente regredendo alle tesi staliniste del '29, che lui stesso aveva contrastato pagando con l'emarginazione e l'espulsione dal partito, avendo precorso con anticipo invece le tesi della via nazionale al socialismo. In pratica tutto lo scontro interno tra leninisti nel corso del '900 è tra chi sostiene che bisogna schiacciare i ceti medi e chi sostiene che bisogna portarli dalla propria parte, seppur in una logica di dittatura del proletariato. Stalin e così Togliatti sostennero di volta in volta sia una tesi che l'altra. Cosa ci dice con il tempo dell'oggi tutto questo? Tutto e nulla. Eppure c'è ancora oggi una sinistra che odia i ceti medi e una sinistra che si avvicina ad essi, ma la grande rivoluzione di Renzi dovrebbe essere nella sua non strumentalità del percorso di avvicinamento. E' una sorta di percorso inverso, da una parte il leninismo ha occupato lo spazio della sinistra riformista per motivi tattici, ma nel fare questo si è spinto su un terreno democratico-liberale, che ha portato il proletariato a integrarsi, fino a spingersi a creare sacche di lavoro ipergarantito che si congiungono con l'assistenzialismo statalista democristiano, dall'altra parte i ceti medi dimostrano una loro vitalità, oppressi dallo Stato ma sempre più espansivi e ambìti dalle componenti moderate di destra e sinistra.

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