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venerdì 17 marzo 2017

L'attacco al governo e alla democrazia rappresentativa

Da anni va in scena uno scontro tra i poteri non elettivi dello Stato e i poteri elettivi dello Stato. L'obiettivo è delegittimare la democrazia rappresentativa, le istituzioni democratiche. Si fomenta il popolo contro i suoi stessi rappresentanti democraticamente eletti, facendo leva sulle forze di opposizione, destinate una volta diventate forze di governo a finire a loro volta nel tritacarne. L'obbiettivo è bloccare ogni tentativo di riforma in senso moderno dello Stato, mantenendo i privilegi, l'oppressione fiscale, i monopoli nel campo della sanità e dell'istruzione, dei lavori pubblici e della cultura. Sull'onda della ridicola inchiesta sul padre di Renzi e il ministro Lotti e sul surreale reato di influenze, il mondo delle corporazioni e la teppaglia grillina si prepara alle violenze di piazza, forte della debolezza del governo Gentiloni, già prostratosi alla corporazione sindacale sui voucher, e alle scorribande dei troll vigliacchi. Cambiare tutto per non cambiare nulla, giocare alla rivoluzione per difendere lo status quo, iniettare di paranoia la società, con gli allarmismi sui vaccini che hanno portato ad un'esplosione del morbillo, sostenere le forze che destabilizzano la Libia alimentando l'immigrazione selvaggia per poi incolpare il governo, fanno parte dello stesso scenario tipicamente italiano, che vede estrema sinistra ed estrema destra convergere in un piano eversivo.

La mozione di Renzi al congresso Pd, tra Gramsci e immigrazione

Sorpresa, la mozione congressuale di Renzi si apre con una lunga citazione di Gramsci. La salutare novità però è che non è la solita banalità "sull'odio gli indifferenti e sono partigiano" e nemmeno il deprimente "pessimismo della ragione e ottimismo della volontà". La mozione della maggioranza Pd riprende un Gramsci di mezzo, un Gramsci che nella migliore tradizione marxista non sta dalla parte della tesi o dell'antitesi, ma della sintesi. Il riferimento è alla necessità del partito comunista di porsi come mediatore tra la capacità di "sentire senza sapere" del popolo e del "sapere senza sentire" dell'intellettuale. Cosa c'entra con l'oggi? C'entra tantissimo, perchè oggi ci troviamo nel bel mezzo di uno scontro tra populismo ed elitarismo, tra una pericolosa retorica totalitarista della democrazia diretta e un altrettanto pericolosa retorica tecnocratica che rifiuta la legittimità della Brexit e dell'elezione di Trump, mettendo in discussione il fondamento del suffragio universale e ambedue quello della democrazia rappresentativa. Ma la grande svolta del Pd renziano è sull'immigrazione, contro un'altra grande contrapposizione ideologica, quella tra la destra salviniana e la sinistra boldriniana-papafranceschista, tra chi sull'immigrazione alza un polverone e chi nasconde la polvere sotto il tappeto. Il crinale difficile su cui si vuole porre il Pd è trovare una risposta al populismo che non sia liquidare le paure della gente sulla sicurezza come irrazionali, razziste, xenofobe o frutto della propaganda della destra, ma riconoscerne il fondamento dando delle risposte diverse da quelle dei populisti. Sta nascendo una sinistra davvero nuova, ma non per questo priva di radici anche più profonde e antiche della sinistra luogocomunista e annisettantacentrica.

venerdì 10 marzo 2017

Il discorso di Renzi al Lingotto '17

Il discorso di Renzi al Lingotto è un vero e proprio smottamento valoriale nella sinistra italiana. I grossi media non lo hanno colto, limitandosi a riportare la banalità della consueta affermazione contro la paura del segretario uscente. Sono tre invece i termini che Renzi vuole riportare nel campo della sinistra e che contraddistinguono un punto di rottura con la sinistra benecomunista. Sicurezza, patria e identità. Tre vere e proprie piccole rivoluzioni pronte a mutare geneticamente il patrimonio della sinistra. Si parte dalla sicurezza, non più spauracchio della destra, ma diritto dei ceti più deboli che la sinistra deve proteggere, collante che deve riequilibrare la retorica dell'accoglienza, troppe volte superficiale. Poi patria, senso della comunità che deve armonizzarsi con la globalizzazione, tabù di una sinistra esterofila e astrattamente universalista, sempre pronta a condannare il totalitarismo di destra, ma che non ha mai fatto i conti con il totalitarismo di sinistra. Infine l'identità, che fa rima con Occidente, che fa rima con una sinistra liberale, non ostile ad Israele. Un discorso che non parte dal nulla, ma che ha invece radici profonde, non a caso Renzi oggi ha rivalutato il termine compagno, un discorso che rottama la sinistra degli ultimi cinquant'anni, ma che trova molti fili conduttori con una sinistra più antica, ottocentesca, primonovecentesca, quando il marxismo aveva i piedi ben piantati in occidente e non era ancora stato terzomondizzato e ideologizzato, quando il patriottismo faceva parte del terreno comune della sinistra. Ma quella di Renzi è anche una sinistra che rifiuta il catastrofismo, che supera il pessimismo della ragione e ritrova l'ottimismo della ragione, che riprende in mano l'autentico progressismo, non quello paradossale che odia il progresso e la tecnologia, malato di ambientalismo integralista, ma lo governa.