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mercoledì 16 dicembre 2015
Cossutta, ultimo baluardo comunista
Armando Cossutta non era il più filosovietico dei comunisti, come meccanicamente hanno mandato in stampa tutti i media (tranne il Foglio) nel giorno della sua scomparsa a 89 anni, ma era un comunista italiano. L'ala filosovietica del partito comunista - che si riuniva intorno alla rivista Interstampa - lo odiava perchè era stato lui a estrometterli dalla direzione del partito a Milano. Cossutta, infatti, seguiva la linea di "centro" di Togliatti (dove per centro non s'intende in senso dispregiativo, ma anzi come naturale collocazione storica dei comunisti italiani), che consisteva in un graduale smarcamento da Mosca senza però mai rompere formalmente con l'Unione Sovietica. Fu lui nel '68 a scrivere il documento del Pci che criticava l'invasione di Praga da parte dei carroarmati sovietici e le sue posizioni, viste con gli occhi di oggi, non differivano più di tanto da quelle di Berlinguer, se non nei tempi e nei modi. Non era così coraggiosamente antisovietico Berlinguer e non era così supinamente filo-sovietico Cossutta, il quale però non voleva che si consumassero strappi troppo traumatici per la base, consapevole che la natura identitaria del partito si basava sull'errore fondante di averlo legato alla Russia e che uno "strappo" avrebbe disorientato la base sgretolando tutta la struttura. Il dado era tratto e non si poteva sconfessare le fondamenta, se non con piccoli passi graduali. Quando infatti fu poi l'Urss a sgretolarsi, anche il Pci si sciolse in pochi mesi. Cossutta però non si rassegnò alla fine del comunismo storicamente conosciuto e diede vita alla formazione della Rifondazione Comunista, che altro non avrebbe dovuto essere che una continuazione del Pci. Ma commise l'errore di unirsi alla galassia dei neocomunisti postsessantottini e fu proprio lui a indicare Bertinotti - un sindacalista massimalista - come segretario del partito. Sotto questa guida ben presto iniziò una deriva movimentista ed estremista ai limiti dell'antisistema, estranea alla tradizione comunista dalla svolta di Salerno in poi, e Cossutta, anche per salvare il governo di centrosinistra, si staccò e fondò il partito dei comunisti italiani. Il vecchio comunista però sbagliò ancora nella selezione della classe dirigente, e scelse per guidare la sua creatura Oliviero Diliberto, un professore che all'estremismo settario univa un bieco opportunismo poltronaro, oltre che una grande capacità dissimulatoria, probabilmente imparata dalle sue frequentazioni islamiche e antisemite. Per Cossutta non rimaneva altro da fare che rientrare nel Pd, ma - come disse - sempre "da comunista". Di fatto però si ritirò dalla vita pubblica e negli ultimi sette anni le sue apparizioni sono state rade. Negli anni '90 la commissione Mitrokhin lo individuò per essere stato negli anni addietro una fonte confidenziale del Kgb, ma non rivelò nulla di nuovo o non noto, come il finanziamento di Mosca al Pci, fino appunto allo strappo di Berlinguer. Risulta invece difficile ipotizzare che Cossutta fosse coinvolto nelle attività illegali del Kgb in Italia e i documenti venuti alla luce non lo hanno chiarito. Nel ricordarlo in queste ore tutti gli avversari ne hanno riconosciuto la fedeltà al comunismo, ma anche la lealtà alla democrazia (anche se risulta incredibilmente ingenuo il fatto che non si fosse accorto che il Kgb sosteneva le brigate rosse, come sarebbe emerso recentemente da nuovi documenti, la cui veridicità però è tutta da verificare).
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