Pagine

mercoledì 23 novembre 2011

Stralcio da come mi batte forte il cuore di benedetta tobagi

(...) Una superficialità difusa nella mentalità italiana che tende spesso a consegnare il destino di una "via d'uscita dagli anni di piombo" alla riconciliazione tra vittime e carnefici, spingendo in prima linea i soggetti più devastati per non farsi carico di un processo di elaborazione culturale lungo e complesso".

pag. 280, Benedetta Tobagi, come mi batte forte il cuore, Ed. Einaudi

venerdì 4 novembre 2011

Differenze tra il movimento di Genova e il movimento indignados / parte 2

Prima parte: http://francescoredpoli.blogspot.com/2011/10/differenze-tra-il-movimento-di-genova-e.html

Nei giorni seguenti la manifestazione del 15 ottobre vi sono stati alcuni commenti molto rituali da parte anche di leaders della sinistra, in primis Vendola, con la sua idea della piazza come polis democratica.
Non condivido questa idea della piazza come polis democratica, il nostro contesto è più complesso di Atene, e chi ha fatto e studiato un po' di politica sa che storicamente in Italia, fascismo a parte, non c'è niente di più antidemocratico dei movimenti delle assemblee e delle strutture pretese orizzontali. Aggiungo, che mi sembra piuttosto ingenuo questo movimento degli indignati, perchè forse basare tutto sulla rabbia e l'indignazione non è una grande idea, se poi la loro logica è porte aperte per tutti basta che siete indignati con politici e banchieri, non ci vuole una laurea per capire come può andare a finire. Si preferisce riprendere le rituali spiegazioni sugli infiltrati, o le condanne della violenza in quanto tale, non volendo indagare realmente
Tutta pubblicità gratuita per personaggi inutili, come er pelliccia o i black block, e qui c'è invece una certa similitudine con l'uso spinto dei media che anche il movimento di Seattle faceva, uso alla lunga logorante, non tanto nella giusta concezione"don't hate the media became a media", bensì quando vi è l'illusione di usare i mass-media e scatta l'ossessione della visibilità.
Si preferisce riprendere le rituali spiegazioni sugli infiltrati, o le condanne della violenza in quanto tale, non volendo indagare realmente la prospettiva culturale che porta agli ultra decennali fallimenti di piazza. E' ricorso storico che questi movimenti fanno grande affidamento alla piazza e proprio nella piazza, non casualmente, trovano la loro fine.