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martedì 19 settembre 2023

Ecologisti di tutto il mondo, unitevi!

La transizione green viene portata avanti a spron battuto, con toni ultimativi e perentori, a dir poco intransigenti, più che transitori. Udite, se non facciamo in fretta sarà l'apocalisse, la fine del mondo, ci dicono le truppe di intellettuali, giornalisti, metereologi e grandi star del cinema, mentre le pubblicità in tv ci bombardano con la triade di sostenibilità, equità, inclusività a reti unificate h24.. L'espressione transizione mi riporta alla memoria quando i comunisti parlavano di transizione dal capitalismo al socialismo fino allo stadio finale del comunismo, non gli andò molto bene, mannaggia. Si sa, il popolo non ripete mai più di due volte lo stesso errore, gli intellettuali e i propagandisti invece sì, perchè si affezionano alle loro idee e ci si attaccano nevroticamente; i più furbi di loro però sanno adattarsi alle sconfitte e fare un maquillage reinnovativo delle loro idee comunque incaponite. E allora una bella verniciata di verde e il rosso quasi non si vede.

Ma perchè tutta questa fretta? Anche chi in Occidente è a favore della conversione ecologica della produzione chiede quantomeno di rallentare i tempi per dare alle nostre aziende il tempo di attrezzarsi. Appunto, perchè in Cina sono già pronti, certo tra una macchina elettrica e l'altra che va in autocombustione, ma va beh, mentre in occidente non lo siamo, ci vorranno 15 anni per convertire la produzione raffinando le nuove materie prime. E allora a chi giova questa isterica corsa contro il tempo? La Cina è in pole position e già scalda i motori e vuole iniziare il Gran Premio da sola. Ti piace vincere facile? Eppure i più grandi cantori della rivoluzione green sembrano trovarsi proprio in Occidente. Ah, già qualcuno nell'800 spacciava la sua ideologia per scienza e il rancore e il distacco verso il proprio popolo e le proprie radici ebraiche per amore globale per i popoli di tutto il mondo. Come si chiamava?

lunedì 11 settembre 2023

Le carte in tavola, la posta in gioco

L'America non è mai apparsa così disunita come oggi. Lo scontro verbale è ai livelli massimi, ed ora siamo anche alle carte giudiziarie, con Trump incriminato. Incredibile per chi era abituato a vedere un grande paese magari diviso sulle questioni particolari, ma unito nei grandi valori occidentali, cioè liberalismo, individualismo, democrazia, proprietà private, patriottismo e politica estera convergente. Dopo l'11 settembre infatti Bush e Clinton trovarono un terreno comune nella lotta all'integralismo islamico, mentre in passato il Partito Democratico è sempre apparso come un partito magari anche di sinistra, ma nettamente anticomunista, cosa che non si può dire oggi in tutte le sue parti. Dall'altra parte il Partito Repubblicano si era tenuto lontano da ogni forma di demagogia, oggi non si può dire altrettanto. Eppure anche oggi ci sarebbe un terreno comune. Sia Biden che Trump sono concordi infatti nel considerare la Cina non più un partner commerciale, ma una minaccia geopolitica-economica. Allora forse tutte queste divisioni sono alimentate proprio dagli amici della Cina, ma per fortuna non sono così reali, ma frutto anche di un dibattito-scontro sempre più social, quindi tribale e settario. La maggiore divergenza tra Trump e Biden è però nel loro rapportarsi con la Russia, il primo infatti vorrebbe portarla a sè in chiave anticinese, il secondo invece la vede come un alleato della Cina ormai troppo compattato con essa e quindi da sconfiggere definitivamente. Chi ha ragione? Difficile dirlo. La linea Trump sarebbe apparentemente la linea di Churchill, lasciare alla Russia l'Est Europa e in cambio la Russia non interferisce in Europa occidentale e in Sudamerica, come si fece fino all'irrompere della Cina maoista e del guevarismo nella storia, ma oggi le cose sono cambiate: La Cina dopo la ritirata strategica postmaoista e l'accumulo di forze denghista ora vuole prendersi tutta l'Asia, poi Cina e Russia interferiscono anche in Africa e in Sudamerica. C'è quindi un imperialismo cino-russo molto più aggressivo dei tempi del conservatore Stalin, ora con la Cina come parte contundente maggiore in posizione di forza verso la Russia. Trump per di più si è ritirato dal medio oriente, dando a Israele il contentino di Gerusalemme capitale e lasciando campo libero a Russia e Cina nell'area. Allora che fare? Da una parte come abbiamo visto c'è un enorme espansionismo del mondo antioccidentale, dall'altra un Occidente diviso con un'Europa che sogna ancora i suoi fasti antichi in chiave antiamericana, godendo però della protezione americana dal punto di vista militare. Il problema principale è proprio questo, un'Europa franco-tedesca, codarda, opportunista e ipocrita, che lavora sottobanco per l'alleanza cino-russa pensando però di ritagliarsi il suo spazio neoimperialista e poi piagnucola se Trump la manda a quel paese. Ma l'America può permettersi di lasciare l'Europa alla Cina e alla Russia?

Il punto chiave è nell'immigrazione. Russia, Cina e Turchia la usano come una bomba ad orologeria, come un cavallo di Troia, invece l'Occidente se sapesse accogliere chi vuole veramente integrarsi ad un modello di vita liberale, anzi, proprio accogliendo chi viene qui perchè scappa dal modello cinese, russo e mussulmano, respingendo invece chi vuole infiltrarsi, potrebbe farla diventare un'arma a favore del mondo libero, così come fu quando accolse i dissidenti del mondo comunista durante la guerra fredda. Il problema è la sinistra cattocomunista occidentale, che vuole un'immigrazione indiscriminata, selvaggia, filoislamica e filocomunista. La destra non deve cadere nel tranello, chiarendo di non essere contro l'immigrazione tout court, ma contro i cavalli di Troia, ma a favore dei migranti integrati. 

Il futuro è proprio in questo, perchè la sinistra ha strumentalizzato in passato la classe operaia, ma poi questa si è liberata ed è passata al centrodestra, ora la sinistra prova a strumentalizzare migranti, donne, gay, giovani; il centrodestra allora deve invece accoglierli togliendoli dal giogo della sinistra, invece di respingerli. La chiave di volta potrebbe essere proprio questa, di fronte ad un elite pseudoprogressista occidentale che si suicida, potrebbero essere invece proprio una parte dei migranti e delle loro nuove generazioni a rilanciare l'ideale occidentale, ma bisogna portarli da questa parte.