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giovedì 28 settembre 2017

I muri ideologici della sinistra senza confini

L'orwelliana riabilitazione di Craxi da parte di D'alema, strumentalmente e ovviamente finalizzata a escludere Renzi dal consorzio della sinistra rispettabile, non rende l'ex leader maximo particolarmente interessante nella sua ormai caduca e livorosa ripetitività, ma ci permette di fare alcune considerazioni storiche e politiche più ampie sulla sinistra antirenziana. Le scomuniche prima e le riabilitazioni postume poi, infatti, fanno parte della liturgìa della sinistra sovietica e postsovietica e non raramente sono servite in realtà unicamente a squalificare il nemico interno del momento, dalla socialdemocrazia degli anni '20-'30 bollata come socialfascista, alla sinistra anticomunista degli anni '50-'60 bollata come reazionaria e fascista, fino ritrovarsi essi stessi scavalcati a sinistra e bollati in senso dispregiativo come revisionisti e riformisti negli anni '70 dalla Nuova Sinistra, per ritrovare nuova linfa e centralità con la guerra ai socialisti negli anni'80, salvo magari poi fare una serie di mea culpa superficiali e di comodo a distanza di venti anni. E dopo aver riabilitato Berlusconi e Craxi per escludere Renzi, chissà che il monocorde mondo postsessantottino non riabiliti anche l'altro grande uomo solo al comando del secolo decimonono. D'altronde, Bettino è da riabilitare perchè era filopalestinese, a conferma che una certa sinistra negli anni '90-2000 si è rifatta un trucco riformista e occidentale, ma in realtà ha mantenuto tutti i capisaldi del leninismo da guerra fredda: Sì può cambiare linee politiche, alleati, nomi, simboli, ma l'odio per L'America e i suoi alleati, la demonizzazione degli imprenditori e il disprezzo per il ceto medio rimane immutato, con buona pace anche di Togliatti. La convinzione di essere un'avanguardia progressista in un paese profondamente reazionario in tutti i suoi strati è il cemento di un muro ideologico che confina questa sinistra in una realtà cristallizzata, proprio nel momento in cui dichiara di voler abolire i confini nazionali e creare il regno dell'inclusione attraverso l'abolizione totalitaria e internazionalista di ogni differenza e identità nazionale, culturale, etnica e religiosa, mostrando però il suo truce volto esclusivo e la sua xenofobìa ideologica verso ogni diversità nel proprio campo politico. L'egemonìa politica e culturale ammette solo stampelle di centro e di sinistra, o "destre" interne e "sinistre" interne da neutralizzare o eventualmente da espellere, ma non una sinistra liberale indipendente.

sabato 2 settembre 2017

L'individualismo comunista

Una delle critiche vincenti del liberalismo rivolte al socialismo reale, fu sempre quella riguardo la libertà individuale. I comunisti, secondo i liberali, annullavano l'individuo in una società totalitaria e collettivistica. Si tratta di un'affermazione vera, tanto quanto non è vero che il marxismo non abbia una teoria dell'individuo. In realtà, nel totalitarismo comunista, l'individuo poteva essere annullato tanto quanto esaltato. I capi comunisti erano esaltati come geni creativi, i quadri come intellighenzia raffinata e tattica, gli operai più produttivi come modelli da emulare, chi veniva distrutto era chi non si conformava, gli elementi asociali, i revisionisti, quelle classi sociali riottose, quei comunisti realisti che scorgevano pericoli e falle nella strada inesorabile verso il comunismo, gli appartenenti a minoranze etniche, religiose, nazionali e qualunque altro dissidente. In un contesto di relazioni interpersonali del genere, non mancava l'ambizione sfrenata e una feroce competizione tra individui per essere il cittadino modello o per fare carriera nei gangli dello Stato o del partito, ben amministrata e indirizzata dal soviet supremo e in un'ultima analisi dal leader del partito. D'altra parte il comunismo nel suo ultimo approdo da sempre significa "A ognuno secondo i suoi bisogni e da ognuno secondo le sue possibilità", in pratica il regno in cui ognuno fa quello che vuole senza dover dare nulla in cambio alla società, se non quello che lui ritiene di dover dare. E' certo che per giungere a questo regno dell'individuo il marxismo chiede un periodo transitorio fatto di sacrifici, denominato dittatura del proletariato, dove tutto deve andare ed essere per lo Stato al fine di creare lo sviluppo delle forze produttive per approdare a quella società dell'abbondanza delle merci chiamata comunismo, ma come abbiamo visto in precedenza anche in questa fase l'individuo, a suo modo, può essere esaltato o annullato, ma comunque esiste una concezione dell'individuo. Il movimento esploso nel '68 in occidente, invece, si caratterizzava in questo senso, come un movimento che contestava lo stato del socialismo reale, ma proprio da quel punto di vista individualista-comunista, rifiutando la logica, la disciplina, il sacrificio della dittatura del partito del proletariato e al tempo stesso, vivendo in una società a capitalismo avanzato nella piena abbondanza delle merci e dei beni di consumo (perciò per certi versi più potenzialmente prossima al comunismo degli stati socialisti) reclamandone i pieni benefici e il pieno uso senza dare nulla in cambio. Ma a partire dall'inizio degli anni '70 l'occidente stava chiudendo quel periodo di sviluppo economico senza precedenti seguito alla fine della seconda guerra mondiale. Il narcisismo-leninismo dei sessantottini rifiutava però di entrare nell'ordine di idee della nuova fase storica e alimentava dunque una serie di lotte studentesche e sindacali che rompevano con la politica togliattiana-amendoliana di responsabilità nazionale (sulla quale comunque non c'è unità di vedute nel dibattito storiografico), alimentavano una irresponsabile politica della spesa pubblica senza limiti da parte dei partiti che a loro volta non avevano il coraggio di arginare questa ondata, ma anzi in molti casi civettavano con essa, ma questo movimento si identificava anche per una ambivalenza che passava e si sovrapponeva dall'idea del soddisfacimento egoistico di ogni bisogno materiale al rifiuto neomoralistico della società dei consumi e delle merci approdando ad uno spiritualismo nel quale comunque la dittatura narcisistica dei bisogni non veniva meno. In Italia il '68, oltre a tutte queste cose, invero si caratterizza ancora per un persistente ancoraggio al leninismo, che sfocia in un terrorismo che non ha pari in altri paesi per vittime e durata nel tempo. Riavvolgiamo il nastro: Il comunismo è stato sconfitto sul piano della libertà, ma a differenza di quanto si crede, ha una teoria dell'individuo, questa teoria però, è sostanzialmente e paradossalmente, quella di un individualismo sfrenato e narcisistico. Oggi, la crisi (di consenso soprattutto, ma non solo) del liberalismo nasce da questo, il liberalismo ha combattuto e sconfitto il marxismo in molti suoi aspetti, alcuni dei quali erano in realtà complementari e non incompatibili con il liberalismo tanto da stimolarlo a migliorarsi e a rivitalizzarlo, ma non in questo, anzi questo "narcisismoleninismo" lo ha alimentato, con una tendenza suicida che andrebbe indagata a fondo. In primo luogo, la libertà è stata la bandiera che ha sconfitto la dittatura del partito del proletariato, ma è anche, nella sua versione individualistico-narcisistica, lo strumento che può distruggere la società liberale. L'eccesso di libertà può distruggere il sistema liberaldemocratico. Com'è possibile, infatti, che il capitalismo permetta che nello Stato, che secondo la teoria marxista dovrebbe essere espressione della classe dominante, si agitino coloro che lo vogliono annientare? Certamente il grande compromesso liberal-socialista avvenuto nei paesi avanzati rende superata e schematica la teoria marxista dello Stato, d'altronde sicuramente ciò è dovuto anche a quell'avanzata nella guerra di posizione che Gramsci aveva teorizzato, Togliatti iniziato, ma altri più individualisti, estremisti e totalitari di Gramsci e Togliatti hanno portato avanti, ma riguarda anche una forma di individualismo e di libertà totale di cui il liberalismo è fautore e vittima al tempo stesso. E' il liberalismo a disarmarsi e a dare le proprie armi ai suoi nemici. Per salvare la società liberale dai neototalitarismi (islamico, neocomunista, neocattolico di estrema sinistra, neofascista), il liberalismo ha bisogno di alleati che lo salvino da sè stesso, marxisti antitotalitari e democratici, nazionalisti antifascisti, liberalconservatori e liberalcattolici. Come andrà a finire?

Le fasi della storia e la sua negazione

La storia è fatta di fasi, è una somma di fasi diverse e contrastanti che però nel suo essere storia ritrovano un'unità. L'identità è data dalla storia, e la negazione della storia porta alla falsità.